Fatone era un personaggio losco, un criminale convinto di essere molto più di quel che era. Perché voleva il Codice? Quell’affare scottava ed era un’altra storia rispetto al giro di puttane e di droga che gestiva per conto di Krantz. L’avesse avuto fra le mani, non avrebbe saputo nemmeno da che parte girarlo quel Codice. Il ruolo di Fatone in quella vicenda era sicuramente quello del semplice manovale, forse sempre per conto di Krantz. Un’interpretazione più verosimile, ma pur sempre forzata, perché nemmeno Krantz sembrava poter nutrire dell’interesse per il Codice. A meno che non fosse a sua volta pagato da qualcuno più in alto, che non voleva in alcun modo esporsi in prima persona. Qualcuno a cui Krantz poteva far comodo da vivo nel caso fosse riuscito a portare a termine l’ingaggio, e al quale non avrebbe dato fastidio da morto in caso di fallimento. Un modo furbo ma pericoloso per sviare le indagini verso settori della criminalità che avrebbero lasciato ignoto il vero mandante. Ipotesi e nulla di più, in quel momento.
Fermò l’auto in Zamecka e, smontando dall’auto, si strinse nella giacca reprimendo un brivido di freddo. Con quel freddo umido l’atmosfera di Kutna Hora, che già normalmente sembrava un paese fantasma, non invitava certo al divertimento. Il Dottore attraversò puntando il bar di un piccolo albergo. La strada era completamente deserta, fatta eccezione per due anziane signore che sembravano avere un piede sul marciapiede e l’altro nella tomba.
La porta in legno cigolò sui cardini con un gemito poco rassicurante. Tuttavia all’interno la temperatura era decisamente più confortevole. Il Dottore ordinò un panino e una birra all’anziano barista, poi andò a sedersi all’angolo opposto rispetto all’ingresso. Due vecchi chiacchieravano appollaiati al banco, stretti in abiti che sicuramente erano già sgualciti all’epoca di Dubček. In compenso dalle cucine sbucò una splendida mora che servì due birre al tavolo vicino alla vetrata dove sedevano due uomini. Spalle larghe, capelli a spazzola. Brutti ceffi. Tenendo il vassoio dritto davanti a sé, la ragazza si avvicinò al Dottore con un sorriso che avrebbe rianimato un’intera necropoli etrusca. Aveva fianchi snelli e gambe molto lunghe, e il seno generosissimo compensava alla grande la sciatteria degli abiti rendendola più che attraente. Il Dottore la ringraziò con la sua miglior faccia da schiaffi e la fissò dritta negli occhi un secondo più di quanto avrebbe imposto l’educazione. Sorridendo, la giovane sostenne lo sguardo con audacia. Il Doc le allungò una banconota e il contatto fra le loro dita si protrasse tanto quanto lo sguardo, poi si allontanò ancheggiando, consapevole del fatto che l’uomo stava di sicuro osservando quel suo magnifico fondoschiena. Sgualdrina...
Il Dottore addentò il sandwich, bevve un lungo sorso di Urquell e con sorpresa la vide subito tornare, raggiante. La ragazza allungò una mano porgendogli il resto. Sopra alle banconote notò un nome e un numero di telefono. Jana. Il Doc trasse una penna dalla tasca e scrisse il proprio nome e il numero su un tovagliolo che poi le porse.
- Jana... un bel nome. Potresti indicarmi il bagno? - disse a bassa voce.
- Certo... Seguimi.
Jana girò dietro al bancone e prese una chiave appesa al bordo con un filo colorato. Il Dottore, che si era sentito osservato fin dal momento in cui era entrato, guardò in tralice verso l’ingresso trovando conferma ai propri sospetti: i due accanto alla vetrata sembravano nutrire un particolare interesse per lui. Jana fece segno di seguirla oltre una porta in fondo al bar. Istintivamente il Doc controllò il riflesso in uno specchio appeso alla parete e si accorse subito del movimento alle sue spalle. Estrasse la Beretta silenziata voltandosi di scatto verso i due bruti che si alzarono bruscamente rovesciano una sedia.
Con la sinistra il Dottore spinse Jana oltre la porta e si accovacciò al riparo. Uno dei due estrasse una Makarov e sparò nella sua direzione scheggiando lo stipite. Col ginocchio sinistro a terra il Doc si espose di lato ed esplose due colpi dal basso. Il primo uomo venne sbalzato all’indietro fracassando a peso morto un tavolo. Getti scuri si irradiarono sulla parete più vicina e sulla vetrata.
Il Dottore si buttò oltre la porta senza pensare e la chiuse sbattendo. Un’espressione terrorizzata era dipinta sul volto di Jana, ma mostrò un certo sangue freddo chiudendo subito a chiave dall’esterno. Audace, la camerierina.
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