Chi credeva in Danny Boyle si ricreda, chi non vi ha mai creduto continui a farlo.
Simon (James McAvoy), banditore d’aste, causa dipendenza patologica da gioco d’azzardo (ludopatia che dir si voglia…) nonché soffocato dai debiti, organizza un furto ai danni della casa d’aste per la quale lavora. Durante il colpo però perde la memoria e con essa il ricordo di dove ha nascosto il quadro (Le streghe volanti di Goya), al che i complici (tra i quali Vincent Cassel), personcine a modo, mettono in campo una specialista in ipnosi (Rosario Dawson) nel tentativo di recuperare il ricordo cruciale…
Iniziato male, In trance avanza a casaccio e finisce peggio perché è arcinoto che quando si inizia a smanettare con i meandri della mente, soprattutto al cinema, o si è visionari al 100% o la discesa nel ridicolo è cosa fatta. Con raro cerchiobottismo, Boyle tenta la traversata dell’ignoto con l’intento di tenere assieme tutto e il contrario di tutto (thriller psicologico, indistinzione tra sogno e realtà, amor fou, stalking…) finendo col perdere bussola e navigatore.
Tre (se non quattro…) finali non bastano a rianimare un cadavere morto per indigestione (il cibo? Un pappone tra Inception, Eternal Sunshine of the Spotless Mind e Les diaboliques).
Si esce dalla sala come non di dovrebbe mai uscire: mogi mogi…
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