La 35enne Nina viene lasciata dal marito dopo 15 anni di matrimonio. Per Nina ha inizio un periodo di solitudine e disperazione, ma il giorno del suo compleanno trova la forza di reagire… Più che un’implorazione Amatemi (vi prego sennò sto male) che tre spettatori tre, oggi pomeriggio 11/07/05 li ha racimolati, a leggere le cronache di questi giorni sembra una bestemmia bella e buona. L’appello cade nel vuoto, oppure, nella migliore delle ipotesi è semiraccolto, anche perché mica è facile amarlo ‘sto film che mette al centro una donna, prima neutra, poi debole, poi forte, infine fortissima (Ferrari Isabella), ma che si scorda di darle un copione che regge. Tanto per dirne una: non siamo dalle parti dello slasher, ma resta il fatto che il brusco cambiamento di Nina che da donna sola e abbandonata si trasforma in un battibaleno in una grande seduttrice di uomini (l’unico a rimanere becco è Valerio Mastrandrea) e donne (con tanto di bacio nel W. C. di fronte allo specchio), è appunto slasher, un taglio e via, tutti i vestiti dell’ex marito in due sacchi della spazzatura e oplà, Nina è pronta a infrangere cuori a destra e manca. Tutto il copione gioca sulla rinascita, a iniziare dal luogo di lavoro di Nina, annunciatrice (?) installata in un ufficio tipo centro di controllo della NASA, dove funge da grande sorella che con voce vellutata invita i consumatori del centro commerciale Arianna (il filo, il labirinto, capito…?) a comprare questo e quello, la mela piuttosto che la pesca, la falciatrice elettrica piuttosto che il DVD, senza trascurare la simbolica targa dell’auto a bordo della quale canta (come Moretti Nanni in La stanza del figlio) e sfreccia nella notte, targata 0001 (la risalita è cominciata…), mentre il VHS di casa manda e rimanda La prima notte di quiete (in Quo vadis baby? Salvatores usa M, qua De Maria abusa di Zurlini).
Il problema che sorge in merito a quest’ultimo punto, problema involontario per lo più frutto di una distorsione mentale, è che quando memore di un monito di Mastrandrea ("Una donna sa di essere bella quando gli automobilisti si fermano al suo passaggio") Nina attraversa fuori delle strisce e gli automobilisti si fermano sul serio, Valerio Zurlino finisce bruscamente sostituito nell’immaginario cinematografico da Castellano & Pipolo (il film, ovvio, è Segni particolari: bellissimo). Finale à la Fellini (8 ½) nel centro commerciale dove la storia era iniziata (con il primissimo piano delle labbra della Ferrari ripetuto tale e quale nel finale): oramai realizzata e sicura di sé, Nina si imbatte in tutti i protagonisti, maggiori e minori del film: dall’ex marito all’allenatore di basket serbo, dal portiere d’albergo al passante che per caso che le ha fatto notare che sul labbro gli era rimasta la schiuma del cappuccino, dall’istruttore di jogging al misterioso surfista che passa, la guarda e se ne va, il tutto in una rapida carrellata di facce, occasioni, rimpianti, vittorie, il cui significato, ora che siamo alla fine possiamo sbilanciarci, è rimasto più nelle intenzioni che in altro. Cosa aggiungere? Tenero, agiografico (ci sarà di mezzo il fatto che Renato De Maria è il consorte della Ferrari?) a tratti comico in modo involontario, in larga misura ingenuo, scultissimo (Marco Giallini che lascia Isabella Ferrari dopo una notte d’amore intonando Tanta voglia di lei dei Pooh), umile e al tempo stesso presuntuoso, fatto con amore (è una dichiarazione d’amore in fin dei conti), girato tra Riccione e dintorni (metallo e cemento più che sabbia…). Il classico film da vedere per non perdere il contatto con un certo tipo di cinema.
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