Ci sono romanzi che superano le 400 pagine e che a leggerli, seppure avvincenti, a un certo momento mostrano la corda. L’impressione che si avverte è quella che con almeno un centinaio di pagine in meno la storia ci avrebbe guadagnato. E’ quanto si ricava - al di là del gusto con il quale comunque si entra e, fino a un certo punto, si procede in essa - leggendo il romanzo di esordio di una coppia di autori italiani, Maurizio Lanteri e Lilli Luini, dal titolo La cappella dei penitenti grigi, edito dalla Nord. Il discorso della lunghezza non vale solo per il loro romanzo, ben inteso, è piuttosto la conferma di un’impressione che si avverte leggendo opere analoghe, d’evasione, e costruite con i moduli narrativi ancora ampiamente diffusi dopo il successo mondiale de “Il codice da Vinci” di Dan Brown. Moduli che giocano su storie ambientate oggi, in ambienti particolari della storia, dell’arte, delle religioni, della bibliofilia, in cui si scatenano forze maledette quanto misteriose provenienti dal passato, e i due momenti o periodi si intrecciano proiettandosi verso una storia drammatica, violenta, nera, con sempre qualche eroe che finisce per svelare il segreto che le muove. E che, appunto, superano le 400 pagine (per inciso, mi è capitato anche con Dan Brown di provare a un certo momento stanchezza e desiderare solo che finisca, agendo di conseguenza).
“La cappella dei penitenti grigi” non se ne discosta. Il luogo della maledizione in questo caso è, appunto, la Cappella dei Penitenti Grigi, una congregazione di devoti gerarchicamente ben strutturata - con tanto di Priore, Portiere e così via - a cui aderiscono persone caritatevoli, non di rado, come vedremo esponenti illustri delle casate, nobili o borghesi, del posto, cioè la straordinaria zona della Camargue, e precisamente la località di Aigues-Mortes.
Protagonista principale è una giovane e avvenente ricercatrice italiana, Fabienne Lacati (si chiama Fabiana, ma ha francesizzato il suo nome) la quale, d’accordo col suo professore, si appresta a fare una ricerca universitaria sui Penitenti Grigi. Si reca quindi ad Aigues-Mortes. C’è però un piccolo precedente legato a una giornalista, Deanne Brechét, con la quale pare la ragazza ha o ha avuto una relazione. Verrò con te, le dice questa, a una Fabienne contrariata. Ma l’amica non l’ascolta. Ostinata la precede ad Aigues-Mortes, decisa a fare un servizio sulla Cappella dei Penitenti Grigi, approfittando anche dell’eventuale, quando difficile da ottenere, permesso che Fabienne riceverebbe. Non solo, Deanne addirittura la precede ad Aigues-Mortes. E poco dopo verrà trovato il suo cadavere. Chiaramente un omicidio, del quale Fabienne – anche per un precedente omicidio accaduto nella sua vita del quale era stata accusata – verrà sospettata. In questo caso, però, la salverà la testimonianza di Daniele Ferrara, uno storico, consulente di una troupe televisiva che si trova sul posto: questi, vivendo nello stesso albergo, era rimasto incantato dalla bellezza della giovane che si era fermato a guardare di nascosto tutta la notte mentre lei, nuda, sul balcone era immersa nei suoi studi (preludio, il tutto, a un amore che scoppierà tra loro). Ma non sarà, quello di Deanne, che il primo di una serie di omicidi.
Parallelamente si alterna una storia ambientata ad Aigues-Mortes nel 1730, protagonisti gli antenati dell’attuale Priore, un uomo ricco e potente nella zona, che sembra non gradire quelle ricerche che scoperchierebbero una brutta verità. E cioè che fin dai lontani tempi in cui la sua famiglia dominava non era “precisamente quella schiatta di filantropi” per cui era passata alla storia. Di mezzo, oltre a lui, c’è l’avvenente direttrice dell’ufficio turistico di Aigues-Mortes che non è proprio la persona che sembra essere e una vicenda più recente legata alla seconda guerra mondiale. Ma questo lo lasciamo scoprire al lettore, se avrà la pazienza, come abbiamo detto, di arrivare alla fine del romanzo.
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