Cronaca di un suicidio di Gianni Biondillo, Guanda 2013.
Una storia kafkiana…
Ostia, agosto. Una barca alla deriva, un paio di scarpe, pantaloni, camicia, giacca, biancheria intima, un portafogli, un foglio scritto a mano sulla prua. Ecco che cosa trova l’ispettore Ferraro in vacanza con la figlia Giulia. Tutto questo e il suddetto foglio con la scritta “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Non fate troppi pettegolezzi”. Praticamente l’ultimo addio di Cesare Pavese.
Proprietario di tutto Giovanni Tolusso, nato in Svizzera, residente a Roma, professione sceneggiatore. Inizia la storia. Il passato di Tolusso, il presente di Ferraro. Il passato del primo è semplice e devastante o semplicemente devastante. Figlio di un muratore emigrato in Germania che ha fatto ogni tipo di sacrificio per farlo studiare, ora sceneggiatore apprezzato di fiction. Ma c’è la crisi, il lavoro latita e arriva la cartella esattoriale. Tanti soldi da pagare e l’amico Marco, il commercialista, che latita. I tormenti per trovarli “Ad ogni passo si aggiungeva un pensiero, una mossa da fare sulla scacchiera”, addirittura vendere tutto ciò che ha.
Al presente la storia del nostro ispettore, lasciato dalla moglie, il suo rapporto con la giovane figlia, gli anni che passano, il tempo che vola via e se si mangia troppo sono problemi. Ci vuole una tisana alla verbena, rilassante, digestiva e ci scappa pure un rutto liberatorio. Ma questo Pavese che gli ronza nella testa (spunto involontario di Giulia), ma no…, possibile? Meglio lasciar perdere, meglio dormire.
C’è l’angoscia del momento attuale in questo bel racconto, l’orgoglio di essere arrivati e la disperazione di perdere tutto, la fiducia e il tradimento, il distacco per amore (vedi Barbara, la moglie di Tolusso), con qualche stoccatina ai giallisti nordici e spunti su Milano dove tutti si odiano (automobilisti, ciclisti, pedoni).
Racconto kafkiano, stile asciutto, concreto, il sociale che entra disperato, l’impotenza e la rabbia, una sottile malinconia a braccetto per tutta la vicenda.
E a fine lettura la domanda che sorge spontanea “Nella nostra esistenza può esserci uno scatto improvviso, un qualcosa che possa far cambiare l’inevitabile, una specie di nemesi a favore?”. “O si deve schiantare sotto la sfiga degli eventi?”.
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