Don Siegel (L’uomo dalla cravatta di cuoio, Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo, Fuga da Alcatraz e tanti altri moderni western virili) dirige con brio e mano sicura Il caso Drabble (The Black Windmill, 1974), l’adattamento di una spy story di Clive Egleton: Il figlio non ha prezzo (Seven Days to a Killing, 1973).
Michael Caine sembra Palmer ormai accasato e completamente assorbito nel mestiere di spia. In realtà la sua vita familiare non va troppo bene. È divorziato da una moglie che ancora ama e il figlioletto David è conteso tra i due coniugi. Professionalmente l’agente Tarrant è maggiore del servizio anti-terrorismo guidato da un eccentrico Donald Pleaseance e da un ricco pari d’Inghilterra con una bellissima moglie. C’è di mezzo un’operazione per stroncare un traffico d’armi che dalla Russia finisce ai fanatici dell’IRA. Insomma siamo in pieno negli anni ’70. Però... alla fine è una storia di intrigo e malavita.
Il misterioso Drabble infatti ha informazioni di prima mano sull’operazione e, soprattutto, conosce la cifra esatta in diamanti facilmente rivendibili destinati a sostenere la copertura di Tarrant che dovrebbe infiltrarsi nell’organizzazione. Presto i servizi russi spariscono di scena per lasciare il posto a una banda britannica connessa con il traffico ma capace di concepire un piano per impadronirsi dei diamanti e riversare la responsabilità proprio su Tarrant.
Gli rapiscono il figlio chiedendo i preziosi come riscatto. Nello stesso tempo il gruppo usa una maliarda con cui Tarrant ha trattato per lavoro per creare una falsa pista. Il poveretto preso in mezzo tra le crisi isteriche della moglie e i sospetti dei colleghi vede allontanarsi la salvezza dei figli. Decide allora di giocare una partita in solitario. Come ricorda alla moglie: «Saranno proprio gli sporchi trucchi del suo mestiere a salvare la vita di nostro figlio». E così avviene infatti.
Qui decide di chiedere aiuto alla moglie che ha compreso di amarlo ancora e di essere l’unica in grado di aiutarlo. Da un dettaglio riescono infatti, gabbando ogni pedinamento, a risalire al famoso “mulino nero” del titolo originale in cui è prigioniero il piccolo. Ormai Tarrant ha capito che il traditore è uno dei suoi superiori e con un artifizio che ricorda molto quello usato in Ipcress convoca i sospetti al mulino. Scopre il traditore e virilmente si lancia in una combattimento a mitragliate con il capo della banda. Salva quindi il figlio e la reputazione tornandosene verso il servizio segreto accompagnato da una marcetta militaresca.
Caine è più serio e teso del solito, si lascia andare solo a un paio di ironiche battute sul servizio e a una strizzata d’occhio a un collega imbranato quando lo semina nella metropolitana di Londra. Per il resto rimane con i nervi d’acciaio proprio come lo hanno addestrato a fare, tesissimo a ottenere la liberazione del figlio senza compromettersi con il servizio.
Un film sicuramente da recuperare e studiare per la riuscita miscela di ambientazioni e azione, caratterizzazioni e intrigo.
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