Nel 1996 una produzione anglo-russo-canadese riporta Harry Palmer in azione con All’inseguimento della morte rossa (Bullet to Beijing). Dei romanzi di Len Deighton è rimasto solo il personaggio e una certa atmosfera disincantata ma il tentativo è meritevole, soprattutto perché ci restituisce, dopo il controverso Cervello da un miliardo di dollari, un Michael Caine nei panni dell’Agente Senza Nome originale, gradevolmente brioso. Lo scenario geopolitico è mutato da almeno cinque anni. La guerra fredda è finita e, apparentemente, quel mondo di spie grigie così caro alla serie.

         

Harry Palmer, invecchiato ma non domo, non dipende più dal colonnello Ross ma è finito nelle grinfie di un altro burocrate che si rivela ancor peggiore. Malgrado i meriti acquisiti nell’epoca precedente Harry è considerato una reliquia, per di più scomoda. Viene così licenziato su due piedi proprio quando, durante un lavoro di sorveglianza di fronte all’ambasciata nordcoreana a Londra, ha assistito a strani maneggi e a un omicidio commesso da una vecchietta con il caro vecchio sistema dell’ombrello bulgaro.

       

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