Pornoclic, 48 anni, professione geometra, con un debole perverso per la politica. O forse è meglio dire "artista", se estetiche erano le intenzioni che lo hanno portato a cucire in grotteschi fotomontaggi a luci rosse le immagini di quasi tutte le candidate alle ultime elezioni amministrative di Volpago. Di lui non compare il nome sul Gazzettino di Treviso del 29 giugno, ma se ne racconta la storia, finita nel fascicolo che lo registra come indagato dalla Polizia giudiziaria dei vigili urbani di Treviso. Particolari cure sarebbero state dedicate da Pornoclic nell’assemblare in ammucchiate virtuali graziosi volti di assessori e consiglieri donna con immagini di vip ricavate dai media, e addirittura istantanee di bambini. Una mole di "opere" imponente, quella sequestrata al geometra che forse in gioventù coltivava sogni da imperatore dell’hardcore: migliaia di fotografie, contenute in oltre 50 dischetti.
"Mia figlia fa l'amore giorno e notte. Se la spassa con tre maschi diversi, ed è pure rimasta incinta". Se è vero che la signora Olga (chiamiamola così, d’ora in poi) andava in giro per Vicenza e dintorni a sputtanare così la figlioletta quindicenne "Anna" (altro nome di comodo), i tempi sono davvero cambiati rispetto a un passato in cui i genitori erano disposti a seppellire sotto montagne di bugie perbeniste anche la minima trasgressione compiuta dai loro eredi. Un fatto certo è che "Anna" non somiglia alle ingenue e sottomesse adolescenti di qualche generazione fa. Una volta venuta a sapere cosa la mamma starebbe raccontando in giro di lei, ha fatto due cose: si è sottoposta a una visita ginecologica, grazie a cui attestare la propria illibatezza, e con il certificato di verginità in mano si è presentata in Questura per sporgere denuncia contro la signora Olga ("Quindicenne denuncia la mamma per diffamazione", Il Gazzettino di Vicenza del 29 giugno).
Dilaga il sesso immaginifico. Anche dalle parti di Valdagno e Montecchio Maggiore, dove la caccia ai romeni stupratori dura una settimana. Fin tanto che sta in piedi la storia raccontata prima al preside di un istituto superiore, e poi ai carabinieri, da due sedicenni. "Ci hanno costretti a seguirle in uno scantinato e a subire le loro molestie". Quando, inchiodate da un crescendo di contraddizioni, le ragazzine ammettono di essersi inventate tutto solo per giustificare un’ora di lezione "bruciata", i romeni della zona tornano a dormire sonni tranquilli mentre gli italiani iniziano a farsi domande sui "modelli" a cui si ispirano i loro figli ("Fingono lo stupro per bigiare la scuola", Il Gazzettino del 30 giugno).
E’ tutta colpa del caldo, si dice, ma non sempre a sproposito. Di certo le alte temperature incidono sull’avventura capitata ai signori Gennaro Pierro e Stefano Simonetto, vicini di casa in quel di Passo di Riva, provincia di Vicenza. Sono le undici e mezza di sera quando Pierro fa il giro della propria abitazione prima di andare a letto. Giunto in terrazza, trasecola di fronte a un mostruoso e biancastro serpente, intento a strisciare fra i suoi gerani. Mentre scatta l’allarme al 113, Pierro si rivolge al vicino Stefano Simonetto che, essendo un noto appassionato di animali, potrebbe essere il proprietario del rettile. Simonetto nega, ma visto che se ne intende, si offre di intervenire di persona dal proprio balcone. Col risultato di farsi mordere dal famelico "cucciolo" di pitone albino poco prima dell’arrivo a sirene spiegate di ambulanza e vigili del fuoco. Un piccolo kolossal-verità con lieto fine per il signor Simonetto, morsicato da un serpente non velenoso, e per lo stesso pitone, affidato alle cure del Corpo forestale dopo essere stato abbandonato o perduto dal suo ignoto padrone ("Un pitone sul poggiolo morde il vicino", Il Giornale di Vicenza del 29 giugno)
Compaiono i mostri e scompaiono i giovani sotto i trent’anni, almeno quindici negli ultimi anni a Padova e provincia, spesso senza più dare alcuna notizia di sé. Tutti finiti all’interno delle poco accessibili sette religiose dove sono stati rintracciati, in seguito alle denunce dei genitori e all’inchiesta aperta dalla Procura di Padova. Nessun reato per ora ipotizzato, solo dolore e sconcerto di fronte alla volontà di non tornare, espressa da tutti i giovani interpellati, che vivrebbero all’interno di comuni e appartamenti poco distanti dalle case delle loro famiglie ("Quindici ragazzi scomparsi nel nulla", Il Gazzettino del 28 giugno).
Tra le ombre dello sfondo: tintinnano i quintali di monetine rubati in due anni dalla banda che svuotava i videogames, per un totale di 6.700 euro (Il Gazzettino di Bassano del 29 giugno); ruggisce il leone di San Marco che il vicepresidente della Regione, il leghista Luca Zaia, pretende di vedere ricomparire nel logo turistico ufficiale del Veneto, alla faccia della stella a sette punte ideata dalla "Fabrica" di Benetton, e dei 15 milioni di euro erogati per tre anni di progetti affidati ai creativi della Marca trevigiana (Il Corriere del Veneto del primo luglio); vagabondano per stazioni e marciapiedi migliaia di viaggiatori lasciati a piedi per almeno sette ore dopo il crollo di una massicciata nel cantiere dell’alta velocità, lungo la Venezia-Padova (Il Mattino di Padova del 2 luglio).
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