La serie Covert-One vede la luce quando Robert Ludlum ci ha già lasciati. In effetti Laboratorio mortale (The Haedes Factor) è uno di quei progetti che leggenda vuole siano rimasti incompiuti nel cassetto dell’autore e quindi sviluppati da altri. Ho qualche dubbio.
Se escludiamo i romanzi con Bourne che, nelle intenzioni dello stesso autore, non sono mai stati seriali ma semplicemente storie con lo stesso protagonista (tre in vent’anni), Ludlum non ha mai concepito i suoi romanzi per dimensioni e intrecci per essere dei serial che hanno programmaticamente lunghezze e svolgimenti più semplici. Più probabile che si trattasse di un abbozzo per un singolo romanzo. Di questo ovviamente non possiamo essere certi, di fatto Covert One è diventato un “marchio nel marchio” e da dodici anni le uscite targate semplicemente “Ludlum” - prima da solo poi inevitabilmente con altri - si alternano a quelle di questa lunga saga di romanzi, tutti piuttosto ben riusciti.
Il sodalizio con Eric Van Lustbader fa parte di un’idea nata probabilmente dal successo dei film su Bourne.
La Covert One, organizzazione segreta persino alla CIA, diretta da Klein in diretta corrispondenza con un presidente di origini ispaniche, si occupa principalmente di minacce derivanti dalla guerra batteriologica. Uno spunto interessante, soprattutto per il primo romanzo, che uscì dopo l’11 settembre nel momento in cui il terrore del contagio, del virus usato in sostituzione dell’atomica aveva raggiunto i massimi livelli. E, nei primi romanzi era anche una bella trovata. Oggi la corda è piuttosto tesa e si rischia di cadere nella ripetizione.
Il primo romanzo fu affidato alla bravissima Gayle Lynds (autrice di numerosi romanzi trai quali ricordo l’ottimo Masquerade, inedito in Italia). Nel 2006 ne venne realizzata una miniserie televisiva di circa tre ore arrivata da noi anche in un unico DVD. Sono gli anni di 24 e non c’è dubbio che Stephen Dorff sia stato scelto per una indiscutibile somiglianza con Kiefer Sutherland (cosa avvenuta del resto anche nella prima serie televisiva dedicata a XIII). Lo stesso ritmo dell’avventura pur mantenendosi abbastanza fedele al romanzo, rispecchia quello di 24.
Si tratta comunque di un’ottima riduzione che vanta nel cast Mira Sorvino in uno dei suoi rari ruoli d’azione (era reduce da Costretti ad uccidere e Human Trafficking, oltre che dal primo Mimic), Colm Meaney e nientemeno che entrambi i figli di John Huston, Danny e Anjelica. Proprio lei interpreta il presidente degli USA che, rispetto al testo, diventa donna.
La trama è il classico intrigo spionistico americano con funzionari deviati, un oscuro piano della CIA per realizzare un virus emorragico sfruttato poi da una società farmaceutica per scatenare il panico con l’inconsapevole aiuto di un fanatico terrorista e poi vendere il vaccino. John Smith, ex agente della Covert One ma soprattutto medico, di sparatorie non vorrebbe più saperne. Preferisce tenere conferenze per il mondo, godendosi “letteralmente” la “burrorissima” fidanzata Sophie.
Mentre si trovano a Berlino qualcosa però va dannatamente storto in un’operazione della Covert One in cui l’agente Rachel Russell (la Sorvino) un tempo amante di Smith, si trova tra il fuoco incrociato di estremisti islamici, mafia cecena e traditori nella sua stessa organizzazione. Solo grazie alla sua freddezza riesce a sfuggire con un campione del virus. I cattivi le mandano dietro un ferocissimo killer che la insegue da Berlino a Parigi solo per finire schiacciato sotto un treno della metropolitana.
Nel frattempo le strade di Rachel e di Smith tornano a incrociarsi grazie a un agente traditore dato per morto che ricompare con la plastica facciale, l’esplodere della pandemia in America e tutta una serie di alte complicazioni che pongono in una posizione difficile sia il dottore che l’ex innamorata.
Rispetto al romanzo, Rachel diventa un’agente della Covert One invece che della CIA e non ha nessuna parentela con Sophie. In Hades Factor (il libro) Sophie e Rachel erano sorelle e non vi era alcun accenno a relazioni sentimentali tra Rachel e Smith (né mai ci sarà nei romanzi successivi). Compare anche l’agente dell’MI6 Peter Howell che aiuta i nostri eroi in Afghanistan, mentre Marty, il genio del computer affetto da una sindrome caratteriale che consente solo a Smith di interagire normalmente con lui, è portato sullo schermo con la consueta caratterizzazione del “nerd” che sgranocchia popcorn con uno zucchetto di lana in un ufficio dove tutti stanno in giacca e cravatta.
Fatta eccezione per queste differenze il film segue abbastanza fedelmente il romanzo con la morte di Sophie che libera Smith da vincoli che nel proseguio delle avventure potevano dimostrarsi scomodi, e una corsa contro il tempo per fermare i terroristi. Punizione capitale per americani e dirigenti di ditte farmaceutiche colpevoli di tramare sulla pelle del popolo americano.
Non so se dovesse essere il pilota di una serie o un film a se stante ma Laboratorio mortale, anche ad anni di distanza, si vede con piacere. Le ambientazioni europee e asiatiche sono convincenti e anche se il taglio è prettamente televisivo il prodotto regge e procede senza momenti di stanchezza sino al finale.
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