Bigelow Kathryn, una regista che cinematograficamente parlando ha dato più di qualche prova di esistere...
Dopo l’apoteosi di The hurt locker è la volta di Zero Dark Thirty, ricostruzione (si immagina non troppo lontana dalla realtà…) della caccia decennale a Bin Laden conclusasi il 2 maggio 2011 con l’uccisione dello “sceicco del terrore” nel compound di Abbottabad (Pakistan) da parte di un commando delle forze speciali americane appartenente ai Navy Seal.
Zero Dark Thirty risulta avvincente pur nel rifiuto di ogni spettacolarità fine a se stessa preferendo di gran lungo uno stampo, se non proprio documentaristico, comunque molto vicino ad una dimensione di cruda realtà, in particolare nelle fasi iniziali dove la Bigelow mette in scena senza fronzoli né compiacimenti la tortura come strumento coercitivo per l’acquisizione di informazioni utili alle indagini.
Oltre al taglio documentaristico c’è un'altra cifra stilistica da non trascurare, quella di un forte senso di precarietà che fa la sua comparsa fin dall’inizio, quando a schermo buio sentiamo alcune delle voci delle vittime dell’11 settembre 2001 imprigionate dentro le torri gemelle del World Trade Center e che prosegue lungo tutta la storia attraverso mille difficoltà, un passo in avanti e due indietro, probabilità improbabili e percentuali sempre troppo basse.
Ma se in superficie Zero Dark Thirty racconta della caccia a Bin Laden, in profondità racconta qualcosa d’altro, la storia di una donna, Maya (Jessica Chastain) che alle prese con un mondo esclusivamente maschile si ritrova nella condizione di portare avanti il suo lavoro in una condizione sì di collaborazione ma anche di profonda solitudine, condizione che la Bigelow deve conoscere bene in quanto regista donna in un mondo a forte prevalenza maschile come quello di hollywoodiano.
La traduzione che ne fa in immagini (in quanto regista “è la responsabile ultima della forma”…) non può essere allora che tutta dedicata alla dislocazione sistematica di Maya in spazi vuoti anche in presenza di stanze che pullulano di persone, perfino quando, oramai vittoriosa dopo l’EKIA di Abbottabad, si ritrova sola in un enorme aereo cargo…
L’equilibrio tra le due letture del film, il loro perfetto procedere assieme, il continuo rimando tra aspetto pubblico della storia (per quanto segreto…) e privato, fanno di Zero Dark Thirty qualcosa di molto diverso da quanto visto fin qui in termini di ricostruzioni di eventi reali.
Come si dice in questi casi, “non è poco”…
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