Eccoci di nuovo sul suolo americano. Siamo nell'epoca, il terzo e quarto decennio del ventesimo secolo, in cui il cinema (americano) diventa il media predominante nel sistema comunicativo ed espressivo della società industriale. Gli Stati Uniti di inizio anni '30 sono un paese profondamente lacerato dal crollo della borsa di Wall Street del 1929 che oltre a mandare in fumo il benessere di milioni di americani, aveva minato la fiducia in un modello di vita che sembrava la via naturale alla felicità. Il sogno americano era stato ferito e la sua forza ammaliatrice ridimensionata. Inizia un periodo di depressione che avrà forti ripercussioni sulla società e sulla cultura americane.
Il venerdì nero della borsa di New York rappresenta un colpo letale per la società statunitense, nel cui immaginario cominciano a infiltrarsi demoni e fantasmi sempre più inquietanti. E nessun mezzo meglio del cinema è in grado di dar corpo alle entità immateriali, soprattutto se sono portatrici di paure e timori profondi.
L'idea che il singolo possa affermare se stesso grazie alle caratteristiche intrinseche del sistema viene affiancata dal timore che, a causa delle pecche del sistema, una sola mela marcia possa avvelenare la vita di tutti. E' proprio il rapporto tra individuo e struttura sociale il macrotema di alcuni film che, girati negli Stati Uniti e basati su storie americane, prendono inevitabilmente la via (volontaria o involontaria che sia) della critica del mito del capitalismo.
Non a caso sono tutte storie di ascesa e caduta, dove l'avidità, la brama di riscatto, la vendetta, tutto ciò che porta la volontà del singolo a superare quella del gruppo sociale, determina alla fine la caduta (e spesso l'eliminazione) di chi osa affermarsi al di sopra dei vincoli e degli obblighi condivisi. Questa contraddizione si esplica bene in quel sottogenere che è il gangster movie.
Ma il film da cui partire è sicuramente Greed (1924) di Eric Von Stroheim, che pur girato prima dello spartiacque costituito dalla caduta di Wall Street, è un'opera emblematica, anche per la sua vicenda produttiva che è anch'essa una storia di scontro tra la volontà del singolo e il potere dell'establishement cine-hollywoodiano. L'impresa che Stroheim si proponeva, dilatare a dismisura la durata del film fino a raggiungere le 10 ore, sottomettere alla volontà del regista-creatore la macchina produttiva, forgiare un racconto esemplare sugli umani traffici, verrà stroncata senza possibilità di rivincita: i produttori del film lo licenziano, il film viene rimontato per ottenere una durata standard, cioè viene fatto a pezzi, e il cinema americano sancisce l'ostracismo verso il suo autore.
Greed non è e non può in alcun modo essere considerato un film noir nel senso (anche allargato) che normalmente utilizziamo, per il sempice fatto che il genere noir non esisteva ancora. Questo non toglie che sia una pellicola nera per altri motivi, e che molti elementi al suo interno si possano riportare a situazioni e personaggi che poi nel noir ritorneranno.
In Greed il protagonista viene progressivamente portato, dal destino che governa la sua vicenda sociale, al fondo, alla natura più oscura e drammatica dei rapporti umani: l'interesse, che diventa facilmente rapacità appunto. La causa prossima di questa discesa all'inferno è la moglie, la cui brama di affermazione sociale non lascia scampo all'ottimismo e all'ingenuità del marito, svolgendo una funzione narrativa che sarà poi quella tipica della dark lady classica. Tutto ciò sullo sfondo di un mondo che permette e quasi prevede la corruzione e lo svilimento della dignità umana da parte del potere.
Passiamo ai gangster film. Le pellicole girate non sono molte e si concentrano all'inizio degli anni '30 con film che sono, per temi e stile, già definitivi.
Piccolo Cesare (Little Caesar) di Mervyn LeRoy, Nemico Pubblico (The public enemy) di William Wellman e Scarface di Howard Hawks oltre a rappresentare quel crimine che aveva realmente insanguinato le città americane nel decennio precedente, costituiscono anche tre parabole sul lato oscuro dell'etica del self-made man. Le trame dei tre film non si discostano molto l'una dall'altra: il protagonista che porta la scalata al vertice della criminalità, e dunque sfida apertamente anche il potere costituito, è sempre affiancato da un amico che, pur condividendo con lui la carriera criminale, rappresenta la tendenza a ritornare all'ordine e alla legalità e involontariamente il fattore fatale per il boss in ascesa, che proprio per preservare l'amicizia o per averla infranta, precipita dal suo trono. La morte del gangster arriva in ogni caso inesorabile a ricostituire l'ordine, e la sua fine ha un forte valore di riscatto per la vita sbagliata che ha condotto e per il danno arrecato alla società. Una redenzione che mancherà nei grandi capolavori del noir maturo e del post-noir, dove la fine è solamente il termine di ogni cosa, l'oblio che da pace al dolore.
Sul finire del decennio si tornano a girare film sui gangster ma l'approccio è molto diverso, la censura tende a limitare gli eccessi di realismo e l'impostazione si fa per lo più sociologica (Gli angeli con la faccia sporca (Angels with dirty faces), Michael Curtiz, 1938) o si assiste ad un sovrapporsi di generi, soprattutto con la commedia (Un bandito in vacanza (A slight case of murder), Lloyd Bacon, 1938). Vale a dire, il gangster movie è finito.
Ma ormai manca davvero poco alla nascita del Noir maturo, del genere vero e proprio.
E per il cinema che parla di crimine, peccato, senso di colpa, dolore individuale e ingiustizia sociale, le cose cambiano profondamente. Sarà perché nel giro di un decennio, tra la fine degli anni trenta e la fine degli anni quaranta, noi terrestri riusciamo nell'imprea di: massacrare 50 milioni di nostri simili in sei anni di guerra mondiale, progettare efficentissimi campi di tortura e sterminio, costruire nuove armi in grado di distruggere l'intero pianeta in pochi minuti... e non è che l'inizio della storia recente. Forse è per questo che non basterà più far morire il cattivo al termine del racconto perchè tutto torni a posto...
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