Nel pomeriggio, Mara è lì, seduta davanti a lei:
«Lucia, qui bisogna risolvere e, a questo punto, c’è solo un modo. Devi parlarne con i tuoi, magari prima con tua madre, e lasciar fare a loro. Quegli stronzi non devono passarla liscia, non è una cazzata, è una cosa grave. Tu hai fatto male a non chiarire subito, te l’avevo detto io, ma ora le recriminazioni non servono. Domani è sabato, hai tutto il fine settimana a disposizione, trova il momento giusto e vai! Telefonami e, se hai bisogno di me, arrivo!»
«Amore mio, piangi, sfogati, quei delinquenti... se li avessi tra le mani... Appena torna, ci consigliamo con papà, una soluzione la troviamo perché tu possa tornare a scuola tranquilla. Dovevi dirlo ieri, non tenerti questo peso dentro, povera bambina!»
Tra le braccia di mamma, Lucia si sente piccola e amata. Anche papà la stringe forte:
«Ci siamo noi, passerotto. Ora ci calmiamo e decidiamo come muoverci. Se conviene continuare a negare, dire che quella nel video non sei tu o se, invece, è meglio minimizzare, in fondo, di questi tempi, è una stupidaggine, una bambinata. Comunque, sarà bene vedere il video in modo da avere gli elementi per valutare. Intanto, telefono a Ugo Fossi che è avvocato e ci può consigliare quali passi fare sia per farlo togliere dalla rete, sia rispetto a quei tre farabutti!»
Mamma annuisce, convinta:
«Certo, è un’ottima idea, parlare con Ugo e poi, lunedì, subito dalla preside.»
Lucia li guarda, ma sono davvero i suoi genitori, quelli che l’hanno allevata, che le hanno insegnato la differenza tra il bene e il male, che dovrebbero conoscerla meglio di tutti?
«Mamma, papà, forse non ci siamo capiti... non si tratta di trovare la versione migliore da dare, basta dire la verità, non sono io, ho sbagliato a lasciarlo credere, l’ho fatto per Francesco, sono stata una stupida, mamma , te l’ho spiegato...»
«Amore mio bello, di noi ti puoi fidare, ti vorremo sempre bene. Del resto, è normale: a quindici anni, sempre brava, sempre studiosa, mai un problema, c’era da aspettarselo. Che sarà mai, tra una settimana, non se lo ricorderà più nessuno, al massimo puoi cambiare scuola. Asciugati questi occhioni belli che papà e mamma pensano a tutto.»
Lucia non sa replicare, si rifugia nella sua camera, telefona a Mara, racconta:
«Grande! Lo vedi che non ti hanno rimproverata e stanno dalla tua parte? Che ti frega di quello che pensano, l’importante è superare questo, come dice sempre la prof? Ah sì, incidente di percorso. Certo mi dispiace se cambi scuola, ma noi continueremo a vederci lo stesso.»
«Mara, come fai a prenderla con tanta superficialità? La verità è importante, perché devo passare per quella che non sono? Voglio chiarire con i miei, non è possibile che mi conoscano così poco.»
«Quanto sei pallosa! Sì, è vero, hai ragione ma è inutile perdere tempo in discussioni che non servono a niente. Loro si sentono bravi, moderni, comprensivi, tu lasciaglielo credere e falli contenti. Dai, ora basta, non parliamone più. Vieni da me, devo comprare un paio di jeans nuovi e mi serve il tuo parere.»
In silenzio, Lucia si veste:
«Mamma, prendo la bicicletta, vado da Mara.»
«Brava, andate a fare una passeggiata, state allegre, pranziamo all’una, come sempre!»
Pedala, Lucia, pedala. La testa in fiamme, lo sguardo fisso che non vede la strada, non vede il semaforo rosso e nemmeno la moto che arriva a tutta velocità.
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