Sacha Gervasi [il regista del film Hitchcock] ha sempre pensato che scritturare Anthony Perkins, l’attore slanciato e dall’aspetto fanciullesco, la cui carriera è rimasta associata in modo indelebile al personaggio di Norman Bates di Psycho, sarebbe stato un compito difficile. Ma a un certo punto, all’improvviso, è arrivato James D’Arcy. «D’Arcy è un mio amico da anni e avevo dimenticato che fisicamente sarebbe stato perfetto per Perkins. È stato lui a proporsi, e quando è arrivato, ha fatto un provino straordinario», racconta Gervasi.
Il produttore esecutivo Ali Bell concorda: «Ci ha lasciato senza parole durante l’audizione: ha fatto un ottimo lavoro nel catturare la goffaggine di Anthony Perkins, mostrandoci sfumature del suo personaggio a cui non avevamo neanche pensato».
D’Arcy, i cui film recenti comprendono W.E. Edward e Wallis (2011), Cloud Atlas (2012) e The Philosophers (2013), spiega che per Perkins Psycho fu il regalo atteso per tutta la vita. «Penso che sia stata la grande svolta di Anthony Perkins», osserva. «Gli attori facevano la fila per lavorare con Hitchcock. Allo stesso tempo gli studios stavano cercando di trasformare Perkins nel nuovo James Dean, un ruolo che però non gli si addiceva, per via del suo aspetto allampanato, ingenuo e un po’ goffo, privo di quella mascolinità tipica di Montgomery Clift o di Brando, e secondo me questo è il motivo per cui tutti noi in fondo lo ricordiamo principalmente per Psycho: non fu mai veramente accettato dal pubblico americano, al di là di Psycho».
Aggiunge: «Oggigiorno siamo abituati all’idea che in un film, il killer psicopatico sia la persona meno ovvia della storia, ma quando uscì Psycho, vedere Anthony Perkins in questo ruolo fu davvero scioccante».
D’Arcy era affascinato anche dal fatto che si sa poco o nulla della vita privata di Anthony Perkins. «Ogni personaggio di questo film ha un lato segreto» osserva. «In questo senso è tutto molto «hitchcockiano»!»
Oltre ad Alma, Alfred Hitchcock ebbe anche un’altra donna incredibilmente leale, nella sua vita: il suo braccio destro Peggy Robertson. Robertson ha lavorato per il regista per trent’anni, svolgendo il ruolo di segretaria di edizione, assistente alla regia e responsabile delle ricerche svolte per i suoi film. Secondo l’assistente alla regia di Psycho Marshall Schlom, Hitchcock «non era in grado di fare nulla senza di lei». I suoi appunti meticolosi riguardo le produzioni a cui lavorò, in seguito si sarebbero rivelati una fonte preziosa per gli storici di cinema.
L’attrice australiana nominata all’Academy Award Toni Collette (Little Miss Sunshine 2006) interpreta la parte della donna la cui priorità nella vita fu quella di proteggere l’arte di Hitchcock, spesso salvaguardandolo anche da se stesso. Collette è rimasta sorpresa dalla posizione di parità di cui la Robertson godeva rispetto al regista. «Hitchcock sapeva quanto fosse astuta, capace, stoica, e forse la cosa che apprezzava di più di lei era proprio il fatto che non gli permetteva mai di farla franca e non si inchinava davanti a lui nel modo in cui facevano gli altri», dice. «Il modo in cui manipolava le sue attrici e in cui riusciva a barcamenarsi fra Alma e il suo mestiere, non erano argomenti che Peggy doveva né voleva comprendere e sopportare».
Collette aveva già lavorato con Anthony Hopkins, proprio nel suo primo film, il drammatico Spotswood, del 1992. «Mi è sembrato di nuovo un segno del destino», dichiara. «Avevo 17 anni quando ho fatto il mio primo film con lui, e non riesco a credere di aver nuovamente vissuto questa esperienza».
L’eccitazione di lavorare con Hopkins era pari al suo piacere di assistere al modo in cui Gervasi ha selezionato e riunito tutti gli elementi della storia di Hitchcock e Alma. «L’entusiasmo di Sacha è contagioso. La profondità della sua comprensione è incredibile, ha svolto tantissime ricerche e ha creato un set armonioso e piacevole. Questo film è molto hitchcockiano: è ricco di strati, è complesso e molto coerente».
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