Per interpretare il film-maker più riconoscibile di tutti i tempi, la squadra di Hitchcock (2012) ha pensato che non ci fosse attore più adatto del premio Oscar Anthony Hopkins. Hopkins è noto soprattutto per la sua indimenticabile interpretazione dello psicopatico manipolatore Hannibal Lecter, che ha collaborato alla cattura di un sofisticato e moderno Norman Bates di nome Buffalo Bill, ne Il silenzio degli innocenti (1991). Tuttavia la sua variegata rosa di ruoli, fra cui The Elephant Man (1980), Quel che resta del giorno (1993), Nixon (1995) e Viaggio in Inghilterra (1993), rivela la sua incredibile versatilità ad incarnare le personalità più complesse.
«Sono sempre stato affascinato da Hitchcock», dichiara Hopkins. «Il mio primo ruolo è stato in teatro a Manchester, nel 1960; ricordo che in quel periodo andai al cinema a vedere Psycho. Era una domenica sera di ottobre, e non penso di avere mai avuto tanta paura in vita mia. In quel momento era senza dubbio il film migliore che avessi visto. La finestra sul cortile e Psycho sono i miei film preferiti di Hitchcock».
Sacha Gervasi - il regista di Hitchcock - dichiara di non aver cercato una sorprendente somiglianza fisica ad Alfred Hitchcock, bensì un attore che fosse in grado di portare alla luce gli elementi più sottili e vitali della sua personalità: l’umanità che vibra al di sotto del suo ben noto lato geniale, le sue eccentricità e il suo umorismo tagliente. «Non volevamo semplicemente impersonare Hitchcock, questo era chiaro fin dall’inizio», spiega Gervasi. «La cosa più importante era rivelare lo spirito dell’uomo e Anthony Hopkins è un maestro in questo, soprattutto per quanto riguarda personaggi leggendari quali Richard Nixon, Pablo Picasso e C.S. Lewis. Quando lo vediamo nei panni di Hitchcock, è subito convincente, ma il suo potere di attore è così profondo che, dopo solo poche frasi, si resta completamente catturati dalla sua versione di Hitchcock. Sono pochissimi gli attori capaci di fare questo, nel mondo. Era veramente l’unico che secondo me avrebbe potuto interpretarlo. Infatti ho detto ai produttori che se lui non avesse potuto farlo, non avremmo dovuto fare il film».
Hopkins concorda che la sua performance era molto delicata, sul filo del rasoio, in quanto ha dovuto incarnare Hitchcock senza imitarlo. «Non ho pensato “Ora divento Hitchcock”. Non lo faccio mai, altrimenti impazzirei», spiega Hopkins. «Non si può diventare qualcun altro, ma si può cercare di trovare un modo di rendere il personaggio con la giusta misura, evitando di caricaturarlo. Con questo film Sacha ci ha fatto conoscere una storia veramente inedita».
Hopkins afferma che la sua preparazione al ruolo risale in qualche modo già al 1960, quando era un giovane attore inglese che vide per la prima volta Psycho diventando un fan di Hitchcock per tutta la vita. Da allora ha sempre seguito i film del regista e lo ha persino incontrato brevemente, ma solo quando ha letto il copione di Hitchcock, ha compreso più a fondo l’uomo. «Il copione mi ha dato molte informazioni di cui avevo bisogno», osserva. «Inoltre ho guardato diversi documentari e film su Hitchcock e ho iniziato e mettere insieme tutti i pezzi».
Questi pezzi arricchiscono un personaggio che Hopkins definisce “paradossale”. «Può essere oscuro, tormentato, freddo, spietato e ossessivo oppure generoso, affettuoso e ingegnoso», osserva Hopkins. «Ma tutti questi aspetti facevano parte della sua natura».
Una natura sfaccettata che è stata forse compresa completamente solo da Alma, che è sempre stata al suo fianco, non solo quando era immerso nei set cinematografici e cercava di dare forma ad una storia a tinte fosche, ma anche e soprattutto nella loro caotica vita quotidiana. «È stata la sua ferma alleata per tutta la vita, oltre ad essere anche lei una bravissima scrittrice e una film-maker», osserva Hopkins. «Deve essere stato un uomo difficile con cui vivere, ma quando li vedi insieme nelle foto, sembrano felici. Penso che abbia nascosto la sua vulnerabilità a tutti tranne che ad Alma».
Continua: «La gente spesso si chiede: quanto erano intimi? Forse non molto, ma condividevano un amore puro e una reciproca compagnia. Penso che si saranno anche molto divertiti insieme, si saranno fatti un sacco di risate, perché lui sapeva essere un vero clown».
Rispetto alla sua collaborazione con Helen Mirren nel ruolo di Alma, Hopkins commenta: «È un’attrice formidabile, è facile lavorare con lei. È molto esperta, sa ciò che vuole, sa come fare, con lei tutto sembra una bella partita di tennis. Il suo ritratto di Alma è vivace, chiaro e passionale. Mi ha davvero colpito».
Gervasi ha presentato Hitchcock a Hopkins in una luce sorprendente, quella di un Golia dell’industria cinematografica che diventa un moderno David, determinato a fare un film che pochi credevano che potesse diventare un successo commerciale, e che tutti pensavano che non sarebbe mai stato approvato dal severo codice cinematografico, la potente censura che era in grado di bloccare qualsiasi film che violasse le loro ferree regole in fatto di sesso e violenza. «La resistenza a Psycho ha reso Hitchcock ancora più determinato nella sua impresa e in questo senso è anche la storia di un’emarginazione», afferma Gervasi. «Anthony ed io abbiamo parlato molto per prepararci su questo argomento. Anthony si è molto divertito a considerare questa storia come la vicenda di qualcuno che ha raggiunto la massima notorietà ma che con questo film diventa improvvisamente un emarginato».
Alma Reville era una giovane montatrice emergente ed un’appassionata di cinema quando sposò Hitchcock nel 1926; trascorse con lui i successivi 54 anni, nel ruolo della moglie, della sua confidente nonché di collaboratrice quasi invisibile. A meno che non fosse necessario, non si recava mai sui set dei suoi film, ma ha sempre e comunque svolto un ruolo decisivo in tutta la sua carriera, lavorando come segretaria di edizione, consulente al montaggio, ma soprattutto la sua opinione era quella di cui Hitchcock più si fidava.
Uno dei momenti più rivelatori della loro partnership, è stato per esempio quando Alma si rese conto che nell’ultima versione montata di Psycho, si vedeva il battito di ciglia di Janet Leigh che giaceva in terra sul pavimento del bagno, fingendo di essere morta; a quel punto la scena fu montata di nuovo velocemente, prima che il film uscisse nelle sale.
Mentre gli storici del cinema e gli appassionati di Hitchcock sono sempre stati al corrente della grande influenza di Alma nel lavoro del regista, il grande pubblico ha a lungo ignorato la sua presenza. Con Hitchcock, Sacha Gervasi voleva renderle giustizia e in questo senso il casting è stato cruciale. Era grato dell’occasione di poter scritturare una delle attrici più brave dei nostri tempi: Helen Mirren, che ha vinto l’Academy Award per il ruolo di un altro personaggio il cui vero volto è piuttosto misterioso: la Regina Elisabetta II, in un film che racconta i momenti privati della famiglia reale subito dopo la morte della Principessa Diana.
«Helen è entrata in questo personaggio in modo straordinario», dice Gervasi. «È incredibilmente acuta e molto aperta. Il tocco Mirren è magico e non può essere spiegato o compreso da un semplice mortale come me».
I produttori hanno letteralmente corteggiato la Mirren per indurla ad interpretare la parte di Alma, ma l’attrice ha accettato solo dopo aver letto l’ultima versione del copione. «Sacha è riuscito a creare un equilibrio perfetto fra la serietà della vicenda drammatica e il tocco leggero generato dall’umorismo e dalla commedia che è tipico di Hitchcock. È riuscito a fondere questi due elementi in modo brillante», dice Mirren.
Secondo l’attrice, il regista ha creato una storia d’amore originale e insolita, al cui centro c’è un uomo che non è comunemente considerato romantico e una donna di cui si sa ben poco. «È una storia d’amore», afferma. «E penso che Alma e Hitch fossero, nel loro modo strano e molto discreto, una coppia straordinaria, pari a Romeo e Giulietta. Sono stati molto uniti e sicuramente possono insegnarci qualcosa su come realizzare un matrimonio che funziona».
Secondo la Mirren, il loro matrimonio fu caratterizzato da un costante senso dell’umorismo. «Alma ride sempre, penso che trovasse Alfred molto divertente. È una delle cose che li ha uniti, l’ironia e il black humour tipicamente britannici», osserva.
È rimasta conquistata anche dalla forza interiore e dall’autostima di Alma. «Gli appassionati di cinema sono consapevoli del contributo di Alma ai capolavori di Hitch, ma sullo schermo volevo presentare un personaggio che il pubblico trovasse credibile accanto al grande Hitch», dice Mirren.
Nell’interpretare Alma, Mirren ha avuto pochissimo a cui appigliarsi, non esiste alcun materiale d’archivio che fornisca notizie sui suoi comportamenti. Tuttavia l’attrice ha intuito il modo in cui calarsi dentro al personaggio. «Non so come camminava, non so come muoveva le mani. Purtroppo non ho potuto svolgere le mie solite ricerche», spiega l’attrice. «Ma sapevo che c’erano tutte queste persone che cercavano di arrivare al grande e glorioso Alfred Hitchcock. E io so come ci si sente perché è successo a me con mio marito (il regista Taylor Hackford) la prima volta che sono venuta qui. Con Alma ho avuto la libertà di interpretarla esattamente come è nella storia».
Gervasi è stato felice dell’immediata alchimia che si è creata fra i due protagonisti, una sintonia che ha generato un grande spessore nel rapporto su cui si incentra tutto il film. «Quando li ho visti insieme, la loro energia era incredibile», racconta. «Hanno dato vita ad un rapporto tenero e intelligente. Sono stato contento di poter dare loro qualcosa di tanto reale e delizioso con cui giocare».
Mirren e Hopkins non avevano mai lavorato insieme nonostante abbiano frequentato lo stesso ambiente e abbiano tante conoscenze in comune. «Sapevamo entrambi che era destino che un giorno o l’altro lavorassimo insieme ma quando ci è stato proposto questo progetto, abbiamo entrambi pensato “Come mai ci è voluto così tanto?”», racconta l’attrice.
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