Siamo onesti, dobbiamo esserlo (ne va della nostra onestà intellettuale…); noi, il finale vero di The Grey di Joe Carnahan, quello che sciaguratamente qualcuno ha voluto collocare dopo i titoli di coda (lunghissimi come tutti i titoli di coda…), non lo abbiamo visto…(va da sé che se qualche anima pia ci ragguaglierà in proposito avrà la nostra eterna riconoscenza…)…

Detto questo è pur vero che stavolta non sarà il finale “finale”, qualunque esso sia, a poter rovinare un film appena appena scontato qua e là, e per lunghi tratti superbo.

Ad essere superba è la performance di Liam Neeson, pienamente a suo agio nelle molteplici sfaccettature di un ruolo che lo chiama ad esplorare gamme emotive assai differenti tra loro e racchiudibili tra la misantropia palese del primo tratto del film e l’amore e la pietà per i propri simili elargita nel resto del film. Altrettanto superba è la resa dello scontro al calor bianco (grigio?) tra il gruppo di sopravvissuti capitanati da Neeson e il branco di lupi affamati che li perseguitano per il semplice fatto che poche altre volte s’erano visti animali assumere una tale dimensione ultra-terrena da Male assoluto, capaci di rendere un vera e propria via Crucis il viaggio del sestetto verso una salvezza che via via diventa sempre più ipotetica…

Impressionante per realismo l’incidente aereo che dà l’abbrivio al tutto (roba da far passare la voglia di volare…), mentre le visioni oniriche compensative di Neeson incastratevi dentro non si dimenticano per un bel pezzo.

Lunga vita ai survivor movie se di questa fatta.