Esce per la casa editrice Lindau questo saggio di Daniel Pipes che cerca di capire da dove provenga la paranoia della cospirazione, come attecchisca e come faccia a replicarsi nel corso dei secoli. Un vero e proprio testo di storia delle idee, se non fosse che, come nota lo stesso autore all'inizio della trattazione, "questo libro è il contrario di uno studio sulla storia delle idee. Io non mi occupo dell'élite culturale ma della sua retroguardia, non delle più fini creazioni della mente ma dei suoi scarti". Insomma, volantini ciclostilati, siti internet neonazisti, pubblicazioni underground, cose del genere: un ammasso di subcultura che non è facile maneggiare, anche perché in mezzo a pazzoidi più o meno deliranti la storia del cospirazionismo ha annoverato anche nomi illustri come Richard Wagner o Henry Ford.

Il cospirazionismo è tema talmente vasto che va necessariamente ristretto e focalizzato su una qualche sua sottodeterminazione. Pipes lascia da parte le teorie più strampalate (gli alieni, gli UFO e così via) e analizza quelle forse meno pittoresche, ma che sicuramente più delle altre hanno avuto un tragico esito nella realtà. Il lato oscuro della storia si concentra così su due particolari teorie del complotto, nate più o meno contemporaneamente all'epoca delle crociate e poi sviluppatesi di pari passo fino a convergere tra l'Ottocento e il Novecento: stiamo parlando della paura degli ebrei e della paura delle società segrete.

Quella tracciata da Pipes è una disamina di come sia possibile ragionare scorrettamente partendo da presupposti verosimili, una vera e propria storia della malafede capace di travolgere uomini e nazioni. Nella prima parte del testo, l'autore cita numerosi esempi di paranoia da cospirazione e ne ricava una sorta di "quadro clinico" del complottista, con una articolazione efficace che mira a riconoscere alcune caratteristiche comuni a chi grida alla cospirazione. A questa trattazione atemporale segue una specie di storia universale della paranoia, uno stile di pensiero (se di pensiero possiamo parlare) che subisce un netto incremento di popolarità negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione Francese, attraversa tutto l'Ottocento e poi esplode definitivamente nel Novecento con i regimi nazista e comunista, che pur in modi differenti declinarono la paura del complotto mettendola alla base della propria ideologia di potere.

A leggere Il lato oscuro della storia si rimane esterrefatti di come singole persone o interi popoli abbiano potuto cadere vittime di paranoie complottiste. Stupisce per esempio la diffusione capillare de I Protocolli dei savi Anziani di Sion, un testo delirante che attribuisce agli ebrei un piano segreto secolare per la conquista del mondo e l'oppressione dell'intera umanità; un testo che fu sfruttato dal regime nazista, è noto, ma che per esempio veniva letto ai commensali anche dallo Zar di tutte le Russie. Per fare un altro esempio, lascia sconcertati una breve sezione finale (che avrebbe meritato sicuramente più spazio) sul cospirazionismo non-Occidentale, per esempio la paura "importata" dei giapponesi nei confronti degli ebrei, quando è chiaro che tra i due popoli sono esistiti, storicamente, rapporti estremamente ridotti, per non dire nulli.

Il corpus delle idee analizzate da Pipes è indubbiamente completo, frutto peraltro di un lavoro di ricerca monumentale; non dev'essere stato facile destreggiarsi all'interno di un ginepraio di fonti che mescolano seri studiosi e complottisti dozzinali (non a caso l'autore ha dovuto adottare un artificio tipografico nelle note bibliografiche, riportando i primi in tondo e i secondi in maiuscoletto). La struttura dell'opera è ben organizzata, la lettura è avvincente. Lasciano un po' più perplessi le ultime parti, in cui l'autore sembra rimescolare le carte in tavola e lasciare da parte le responsabilità vere di alcune strutture di potere, tra cui il governo degli USA, per fare un po' di tutta l'erba un fascio. Certo, in Italia la dietrologia è lo sport nazionale, e nel belpaese si pecca sicuramente nell'eccesso di vedere complotti ovunque: in fondo abbiamo avuto (abbiamo?) la P2, le stragi di stato, i servizi segreti deviati e altre piacevolezze del genere. Ma bisognerebbe evitare di cadere nell'estremo opposto, che per esempio vede nell'imperialismo degli Stati Uniti solo qualche teoria strampalata di ideologi veterocomunisti.

Un testo comunque che vale la pena leggere e approfondire. Il saggio di Pipes è del 1997 – anni prima, quindi, dell'11 settembre e dei complotti collegati agli attentati che hanno scosso il mondo nel 2001; Il lato oscuro della storia resta comunque ancora attuale, anzi, per certi versi profetico, sia in alcuni accenni dedicati all'Islam (Pipes, peraltro, ha dedicato grande parte dei suoi studi proprio alla cultura musulmana), sia soprattutto al ruolo degli Stati Uniti nel post-11 settembre. Il famigerato Patriot Act, promulgato dal governo USA proprio all'indomani degli attentati alle Twin Towers, cos'altro è se non il risultato di una profonda paura del complotto all'interno della stessa popolazione statunitense?