Affiancato dal tenente Musolesi, ufficiale a capo della locale caserma dei carabinieri, Sammarchi dovrà rimettere a posto i tasselli di una vicenda nella quale niente è davvero come sembra e dove ogni pista porta a Viola, la misteriosa ragazza del dipinto, morta cinque anni prima in circostanze mai chiarite e che sembra tornata dall’oltretomba proprio per vendicare la propria scomparsa. Il tutto sotto l’onnipresente sguardo dei Palmieri: la ricca famiglia che, guidata dal vecchio Emiliano, da decenni esercita il proprio potere su tutto il territorio circostante.
Tra colpi di scena provenienti dal passato e inaspettate alleanze offerte dal presente, Sammarchi giungerà a una doppia soluzione, che ribadirà ancora una volta quanto nella vita nessuno è mai completamente innocente.
Ecco l'incipit di Occhi Viola:
"Eccola.
La sagoma diroccata del campanile si stagliava contro il disco pieno della luna.
Davanti a lui le spighe di grano maturo si aprivano come un Mar Rosso dai riflessi argento ondeggiando poco sopra l’altezza delle sue spalle.
Era venuto solo. Quei due cacasotto di Marco e Daniele avevano preferito restare nella piazza del paese a guardare in TV ventidue adulti prendere a calci un ammasso di cuoio e spago. La partita di coppa qualcosa era parsa loro un ottimo pretesto per non seguirlo in quella scorribanda notturna: la verità era che la Pieve Rossa, così era conosciuta in paese l’antica chiesa sconsacrata, metteva paura a tutti di giorno, figurarsi di notte.
Le rovine della costruzione si ergevano su uno dei terreni di proprietà dei Palmieri, una famiglia di possidenti terrieri che viveva nella zona praticamente da sempre. Il nonno, quando parlava dei Palmieri con gli amici del bar, ripeteva spesso che “quelli c’hanno un sacco di soldi, c’hanno, ma non li hanno micca fatti con la campagna”, sogghignava sardonico poi si turava una narice e tirava su ripetutamente con il naso e tutti giù a ridere. Anche lui aveva riso quando gli era capitato di sentirlo, ma più per partecipazione che non perché trovasse la cosa davvero divertente.
Il campo della Pieve Rossa si estendeva subito fuori dal fitto bosco che si arrampicava sulle pendici dell’imponente collina alle spalle del paese; ciò che restava della chiesa di San Michele Arcangelo si trovava a meno di un centinaio di metri da dove iniziava la coltivazione, pochi passi lo separavano da quello che era stato il sagrato.
La luce della luna, ormai completamente nascosta dalla massiccia mole della costruzione, illuminava solo debolmente la facciata in mattoni annerita per sempre dal fumo dello spaventoso incendio, avvenuto poco meno di un secolo prima, che si era portato via il tetto. Solo una delle innumerevoli disgrazie che avevano colpito quella costruzione prima e dopo la sconsacrazione.
Dell’incendio gliene aveva parlato il nonno, poche settimane prima, quando lo aveva accompagnato fino lì in una delle loro passeggiate in mezzo ai campi.
- Ranieri, figliolo, devi stare alla larga da questo posto – lo aveva ammonito il vecchio fermandosi ai margini del campo.
– Tra quelle rovine abita il male!
Ranieri, per non mancare di rispetto, aveva annuito con lo sguardo serio, ma dentro sé non era riuscito a fare a meno di beffarsi di quelle parole intrise di superstizione.
Ma ora che si trovava a dover varcare la soglia della Pieve Rossa, le parole del nonno assumevano un significato completamente differente. Acquistavano un peso paragonabile alla forza richiesta per muovere l’ultimo passo che lo separava dal buio denso, pronto a risucchiarlo al di là del portone sfondato dalle intemperie e dal tempo, per trasportarlo forse in un luogo dal quale non sarebbe mai più tornato.
Per un istante breve come un battito di ciglia, ogni sua cellula gli gridò di girarsi, correre via e raggiungere i due cacasotto; probabilmente era ancora in tempo per gioire con loro di un gol di De Rossi o un’acrobazia di Buffon o ancora...
Invece chiuse gli occhi, respirò profondamente e lasciò che l’incoscienza travestita da coraggio dei suoi undici anni lo spingesse oltre la soglia della chiesa."
Fabio Mundadori è nato a Bologna nel 1966, ma oggi vive a Latina.
Colpito dal morbo di Asimov in tenera età scrive di fantascienza, horror e giallo dando prova più volte di amare la contaminazione tra generi.
Il suo primo racconto "Eroi" viene premiato nel 2006 a Fondi (premio Ieri Oggi Domani) e nello stesso anno inizia la collaborazione con "I narratori di Puerto Eden".
Nel 2008 vince la seconda edizione del premio "Giallolatino" con il racconto "Notti di Luna Iena".
Dal 2009 fa parte del gruppo letterario pontino "I duri della Palude" con il quale pubblica, tra gli altri, il racconto breve “Chi ha paura del lupo cattivo” uscito nell’istant-book presentato proprio a questa sesta edizione di Giallolatino “2012 la fine del mondo”.
Nel 2010 pubblica "Il faro" nell’antologia "Virtù e Peccato" (Arpanet) mentre il racconto “Bassa marea”, arrivato finalista al premio letterario “Garfagnana in giallo”, viene pubblicato all’interno di “Antologia Criminale 2010”(Prospettiva Editrice).
Con “Vivi da Uomo” ha partecipato all’iniziativa benefica “365 storie cattive” (Il mio libro) a sostegno di A.I.S.E.A. onlus.
A ottobre 2010 ha esordito in libreria con l’antologia personale "Io sono Dorian Dum" (EGO Edizioni) introdotto dalle prefazioni di Biagio Proietti e Andrea Carlo Cappi.
Nel Novembre 2011 il racconto “FB” vince la terza edizione di “Garfagnana in giallo”.
Con il racconto “La regina bianca” si aggiudica la terza piazza al premio letterario “Si scrive Terracina”
Il suo sito personale è www.fabiomundadori.it.
Il 28 settembre nel corso di Giallolatino 2012 ha presentato il mio nuovo romanzo “Occhi viola”, un thriller dai risvolti horror ambientato nella campagna emiliana.
Nel numero 5 di ACTION la rivista digitale di azione della DBOOK ha pubblicato “Nome in codice: Golia”, un racconto legato a doppio filo proprio a Occhi Viola: la storia svelerà alcuni retroscena di fatti narrati nel romanzo.
Quest’anno ha presieduto la giuria della sezione “Romanzi editi” per l’edizione 2012 del premio letterario Garfagnana in giallo.
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