Dopo l’ultimo Io confesso e un’attesa lunga quattro anni, dove ci si apprestava a celebrare il matrimonio di una delle protagoniste della serie, Callie Amore mio Thorne, è finalmente tornato Cody McFadyen.

Lo scrittore americano più europeo d’oltreoceano, in grado di dilaniare la mente e sussurrare al cuore, torna con il quarto capitolo delle vicende dell’agente FBI Smoky Barrett, colei in grado di addentrarsi nelle pieghe più oscure dell’animo di un assassino, ma che è assolutamente esposta a dubbi e paure quando deve affrontare il suo privato.

Una donna con la pistola, come lei stessa afferma, in grado di essere tra i migliori cento tiratori al mondo, ma assolutamente in difficoltà di fronte ai silenzi della figlia Bonnie, ormai in piena adolescenza.

Anche in questo Il predatore, McFadyen continua a esplorare, anzi meglio a sezionare, l’elemento psicologico, con la suspense che nasce da dentro, dagli stati d’animo e non dall’azione. Al solito, i personaggi di McFadyen “sono” e “diventano”, non rivestono il solito ruolo stereotipato che il meccanismo del thriller spesso richiede. Sono variabili e incognite dell’emotività dettata dalle situazioni e dalle conseguenze delle loro scelte, per nulla scalfite e indebolite da una narrazione in prima persona della protagonista.

Ma non per questa assoluta “libertà di sentimenti” che McFadyen concede, viene meno la capacità di organizzazione e metodo nella costruzione della storia. L’autore gestisce in maniera come sempre brillante ed incisiva il plot, senza cadere in particolari cadute di ritmo, senza lasciarsi tentare da soluzioni ad effetto.

Anche se la parte centrale risulta un po’ fragile rispetto al resto del libro, McFadyen tiene desta l’attenzione del lettore e lascia spazio ad episodi che paiono essere origine per sviluppi futuri piuttosto interessanti.

La componente umana rimane comunque fondamentale e in primo piano rispetto agli episodi e il termine personaggi, usato da tradizione, risulta piuttosto fuori luogo, dal momento che bisognerebbe accostare ai vari protagonisti e co-protagonisti il termine più profondo di “persone”.

Smoky Barrett si rivela, una volta di più, uno dei personaggi più umani del thriller. Siamo lontani dalla super donna e dalla super agente speciale. Siamo di fronte alla fragilità ormai cronica di una donna che ha sofferto e vissuto un inferno devastante, ma che dalle tragedie ha saputo fare scudo a questa sua vulnerabilità anche con una dose di cattiveria che deflagra quando il peso del passato è troppo duro da sostenere e deve essere rigettato, vomitato.

Ma chi è il “Predatore” del titolo?

Lungi dal rivelarlo!

In questo libro, più che ne Gli occhi del buio e Io confesso, rinverdendo i fasti del meraviglioso romanzo d’esordio, L’Ombra, Cody McFadyen afferra, isola e nutre il lettore di paura.

Metaforicamente, “Il predatore” è il buio e il terrore di perdercisi. C‘è un buio cieco, da cui è impossibile tornare e un buio di ombre, dove quest‘ultime sono gli affetti più radicati e importanti a cui ci si aggrappa per poter fare ritorno.

Per concludere, oltre a consigliarne la lettura, una citazione doverosa alla superba, come per i precedenti libri, traduzione di Alfredo Colitto che ha saputo dare soprattutto alle parti più private ed umane del libro ulteriore motivo per essere ricordate.