Sembrerebbe un coro unanime quello delle voci alzatesi in segno di approvazione nei confronti del ventitreesimo film della saga ufficiale di James Bond. Stiamo parlando, ovviamente, di Skyfall diretto dal Premio Pscar Sam Mendes e interpretato da Daniel Craig, chiamato per la terza volta, in sei anni, a vestire i panni del celeberrimo agente britannico.
Maturità e modernità della trama, grande lavoro di approfondimento psicologico dei personaggi, sequenze d’azione sensazionali e innovative, sono i fattori che, a detta del grosso pubblico e di una critica schieratasi in maniera pressoché compatta, hanno decretato il successo di quello che qualcuno già si azzarda ad indicare come “il miglior Bond di sempre”.
Un Bond credibile, proiettato nel futuro senza rinunciare al passato, impersonato in maniera finalmente adulta da un attore con i fiocchi. Ciliegina sulla torta: la strepitosa canzone per i titoli di testa, magistralmente interpretata da Adele, la star del momento.
Tutto bello, tutto giusto e tutto molto apprezzato. Una saga che, a questo punto, sembrerebbe più che mai rilanciata verso nuovi grandi traguardi.
Ebbene, nel mio piccolo di appassionato fan e discreto conoscitore del personaggio (soprattutto nella sua versione cinematografica) permettetemi di staccarmi da quel coro di cui sopra, esprimendo un parere di tutt’altro tenore.
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