Era il maggio del 1939 quando sul numero 27 di Detective Comics apparve per la prima volta un supereroe destinato a luminoso futuro: un certo Batman. Bob Kane e lo scrittore Bill Finger presentarono un personaggio che nasceva da molte ispirazioni letterarie, una delle quali proveniva dichiaratamente da un criminale chiamato il Pipistrello, nero signore del brivido, che ha a che fare anche con gli pseudobiblia.
«Questa è la storia di quel che accadde a una zitella di mezza età quando, in un attacco di follia, abbandonò le sue abitudini cittadine, affittò una casa ammobiliata per trascorrere l'estate fuori città e si trovò coinvolta in uno di quei misteriosi crimini che fanno la fortuna dei nostri giornali e delle agenzie investigative»: ecco lo sfolgorante incipit con cui nel 1908 Mary Roberts Rinehart gettò le basi per una fama imperitura, che le regalò l’epiteto di “Agatha Christie americana”. Il romanzo è The Circular Staircase, portato in Italia nel 1935 da Alberto Tedeschi per i Gialli Economici Mondadori (n. 48) con il titolo di La scala a chiocciola. Precisiamo subito che non c’è alcuna attinenza con il romanzo Some Must Watch firmato da Ethel Lina White, che in Italia la Mondadori (I Classici del Giallo n. 389) ha distribuito come La scala a chiocciola. Il motivo dell’omonimia deriva dal fatto che la casa editrice voleva sottolineare il collegamento con il celebre film che Robert Siodmak aveva tratto dal romanzo della White (The Spiral Staircase, 1945), film che in Italia porta il titolo, di nuovo, di La scala a chiocciola.
Divenuta celebre per la sua arzilla zitella investigatrice, che risolverà il caso di misteriosi delitti che avvengono a Sunnyside, l’isolata villa di campagna dove trascorre l’estate con parenti e amiche, la Rinehart decide in seguito di rimaneggiare il testo per trasformare il romanzo in una pièce teatrale: nel 1920, con l’aiuto di Avery Hopwood, nasce The Bat. Messa in scena la prima volta al Morosco Theatre il 23 agosto 1920, vede quasi mille repliche prima di chiudere i battenti due anni dopo: è solo l’inizio di una sfavillante carriera teatrale che vede la pièce in cartellone ancora oggi nei teatri americani. Il successo attira l’interesse di Hollywood e nel 1926 ne viene tratta una versione cinematografica, The Bat, mentre nel 1930 è la volta di The Bat Whispers.
Ma cosa cambia dal romanzo alla pièce teatrale e, conseguentemente, nella versione cinematografica? Oltre ai nomi cambiano solo due elementi della storia, ma entrambi assolutamente fondamentali.
La semplice zitella Rachel Innes de La scala a chiocciola prende un nome più altisonante, Cornelia van Gorder, e diventa affermata scrittrice di romanzi gialli (o, nella deliziosa accezione anglofona, mystery writer): il soggiorno alla villa di campagna isolata non è quindi più motivato dalla ricerca di semplice relax bensì di atmosfera giusta per scrivere un nuovo romanzo. Chi segue questa rubrica sa che una scrittrice che si isoli in una casa di campagna troverà nuovo materiale per i suoi romanzi, e infatti la van Gorder trova pane per i suoi denti.
La seconda aggiunta, che dà il nome alla pièce, è il fatto che il criminale del romanzo diventa un uomo misterioso e imponente che compie i propri delitti vestito completamente di nero, con guanti muniti di artigli: il suo nome è ovviamente ignoto ma tutti tremano nel raccontare le sue vicende e lo chiamano... The Bat, il Pipistrello! (Una ventina di anni dopo nasce Batman.)
La versione cinematografica del 1926 della pièce risulta inedita in Italia, quindi preferiamo presentare il remake del 1959: Il mostro uccide (The Bat), prodotto dalla Walt Disney, adattato per lo schermo e diretto da Crane Wilbur, con protagonista un Vincent Price in splendida forma.
«Questa è Le Querce (The Oaks), una villa di campagna che ho affittato per passarci l’estate. Sono scrittrice di romanzi gialli, ma le cose che mi sono capitate in questa villa sono ben più fantastiche di ciò che io abbia mai pubblicato». Così si presenta agli spettatori la nostra Cornelia van Gorder (interpretata da Agnes Moorehead), apprezzata autrice di romanzi come L’obitorio privato del dottor Riggs (The Private Morgue of Dr. Wess): un testo che a quanto pare mette “fifa nera” ma soprattutto uno pseudobiblion creato appositamente per il film.
La donna è a Le Querce per scrivere un nuovo libro durante l’estate, ma le notizie degli efferati crimini del Pipistrello rischiano di distrarla... e forse rischiano addirittura di ispirarla. Quando infatti scopre che l’omicida fa scempio delle gole delle vittime, dice «Non è un brutto sistema: devo servirmene qualche volta... in un libro!»
«Lo chiamano il Pipistrello perché come esso sceglie le ore della notte per il suo lavoro criminale; come un pipistrello colpisce e scompare, senza rumore e senza esser visto; come un pipistrello non mostra mai il volto nelle ore del giorno»: così viene presentato il personaggio nel testo (inedito in Italia) della Rinehart.
Cornelia non è per nulla impaurita da queste descrizioni, visto poi che è anche armata. «I libri che ho scritto sono pieni di pistole, e non scrivo mai di cose che non conosco». Nella vicenda la van Gorder è l’unica a mantenere il controllo e a tenere il polso ben saldo, utilizzando i suoi “poteri di autrice” per risolvere gli enigmi («Se stessi scrivendo questa storia, invece di viverla...»): non solo, sta attingendo alle imprese del Pipistrello per il suo nuovo romanzo, che si chiude quando viene smascherata l’identità del feroce criminale.
«Per quanto accorti voi possiate essere - recitano le ultime righe del romanzo della van Gorder, - non riuscirete a nascondere un omicidio».
Senza che gli spettatori se ne siano accorti, per tutta la storia l’autrice non ha fatto altro che raccontare in realtà la storia del suo nuovo romanzo, scrivendo semplicemente ciò che le accadeva: la caccia al Pipistrello e i relativi omicidi finiscono tutti nel nuovo libro. Ma noi, alla fin fine, abbiamo assistito alla realtà... o alla trama del nuovo libro della scrittrice?
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