Dalla fine del 2011 Daniele A. Gewurz ed altri colleghi traduttori hanno fondato il gruppo Dragomanni (drågømánnï) con un intento semplice: «curare, rivedere e pubblicare in forma di ebook traduzioni di testi fuori diritti, oppure di testi contemporanei i cui diritti per la lingua italiana sono stati ceduti al traduttore». (www.dragomanni.it)
Lascio la presentazione al fondatore, traduttore fra l’altro dei romanzi di Jasper Fforde con protagonista la “detective letteraria” Thursday Next che entra nei libri e risolve i problemi dei personaggi dei romanzi.
«L’idea dei Dragomanni è nata notando quanto sia ormai semplice (ed economica) l’autopubblicazione in formato eBook: con un po’ di competenze tecniche, i software giusti, per lo più open source, e un minimo di attenzione non è difficile realizzare un eBook ben fatto. Mi era quindi venuto in mente di usare il (poco) tempo libero per tradurre qualche classico fuori diritto a cui tengo e che è difficile o impossibile da trovare in italiano. Ne ho parlato con vari colleghi traduttori che hanno progressivamente arricchito il progetto, oltre che con testi da tradurre, che stiamo via via pubblicando, anche con altri spunti e proposte, dall’idea di tradurre scrittori contemporanei che qualcuno di noi conosce personalmente, agli aspetti più tecnici (norme editoriali, grafica e lo stesso nome “Dragomanni”)».
Daniele A. Gewurz all’interno del progetto ha ritradotto Il riparatore di reputazioni, primo racconto della celebre antologia Il Re in giallo di Robert W. Chambers - di cui la rubrica “Pseudobiblia” ha parlato qui: rubriche/8402/.
Daniele, come sei arrivato a scegliere un autore così particolare come Chambers? Tutti gli amanti del weird gli sono debitori, ma in Italia è poco edito.
Come ti sei sentito a tradurre un testo così importante, sia nel mondo della letteratura fantastica che in quello degli pseudobiblia?
Mi sono soprattutto divertito, come dovrebbe succedere sempre con un lavoro interessante e che per giunta ci si è scelto da soli. Mi sono divertito a mantenere le ambiguità dell’originale, mi sono divertito a cercare un giusto mezzo tra il conservare in tutto la patina di “antico” di un racconto scritto quasi 120 anni fa e il modernizzarlo troppo, mi sono divertito a coglierne i dettagli che possono passare inosservati e che si colgono solo con una lettura più che attenta, come quella appunto necessaria per tradurre. E poi, adesso sono pronto a diramare il Segno Giallo, quando sarà il momento...
Abbiamo incontrato anche Roberta Gado, traduttrice per Dragomanni del racconto L’uomo senza collo della scrittrice serba Melinda Nadj Abonji.
Roberta, parlaci di Abonji e di come sei arrivata a sceglierla per i Dragomanni. E il suo racconto, come ti sei trovata a tradurlo?
La mia traduzione più importante è sicuramente quella di Ulrich Becher, Murmeljagd (Caccia alla marmotta), uscita questa primavera per Baldini Castoldi Dalai Editore. Un colosso di settecento cartelle, impervio e geniale. Anni di lavoro, lavoro di Becher e, molti anni dopo, lavoro mio. Ha ricevuto una sola recensione (bellissima, di Paolo Rumiz su Repubblica), anche se, non solo a mio avviso, è uno dei capolavori del Novecento tedesco. Il problema è che non è un libro per tutti, troppo lungo e troppo difficile per il tempo che, oggi, le redazioni dei giornali hanno da dedicare a un libro. E l’autore non è di moda. Forse anche per questo amaro in bocca che ti lascia “il sistema-editoria-e-circuito-librario”, oltre che per convinzione e per l’amicizia che mi lega sia ai colleghi traduttori sia ai “miei” autori, ho subito voluto aderire al progetto dei Dragomanni.
Daniela Di Sora di Voland, peraltro, editrice illuminata come sempre, ha a sua volta appoggiato l’iniziativa dedicandole uno spazio anche sul sito della casa editrice. Questo per chiarire subito che i Dragomanni non sono (né peraltro potrebbero essere) concorrenti degli editori, ma vogliono portare avanti un’operazione culturale e un dialogo con i lettori insieme agli editori che fanno bene il proprio lavoro. Mi è parso allora, con il piccolissimo racconto di Melinda, di abbozzare un percorso, visto che si trattava del primo titolo dei Dragomanni, lasciando agli altri l’onere e l’onore di estenderlo in tutte le direzioni possibili.
Altri miei autori sono Juli Zeh, Edgar Hilsenrath, Arno Camenisch, Alex Capus, Karl Schlögel e (in corso di traduzione) il bravissimo Simon Urban.
Alice Gerratana per Dragomanni ha curato Tre racconti di spettri, dell’autrice vittoriana Mary Elizabeth Braddon. Per conoscere meglio il suo lavoro, ecco il suo blog: ilpaesedellemeravigliedialice.wordpress.com
Alice, tu ci proponi una scrittrice forse troppo poco conosciuta, in Italia: come hai avuto questa idea?
Gli italiani tra la fine dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento, in realtà, potevano contare su una buona selezione dei suoi innumerevoli romanzi, grazie soprattutto alla celeberrima Fratelli Treves di Milano. Oggi, triste verità su una scrittrice assai prolifica e amatissima dai suoi contemporanei, Mary Elizabeth Braddon è molto poco conosciuta, forse perché il genere che l’aveva resa famosa, il sensazionale, è considerato di secondo piano. In Italia si trovano solo, e ormai con qualche difficoltà immagino, il suo romanzo più famoso, Il segreto di Lady Audley, edito da Fazi nel 2004, e Storie del soprannaturale (anche questa, come la mia, una raccolta di tre racconti), edito da Tranchida nel 1995, opere tradotte entrambe da Chiara Vatteroni.
L’apprezzamento per questa scrittrice poco conosciuta in Italia nasce da una mia passione (che si fa sempre più profonda) per il Vittorianesimo, soprattutto per romanzi e racconti spettrali e, più in generale, fantastici.
Che criterio hai utilizzato per scegliere le tre storie di spettri?
Per prima cosa ho escluso quelli che, soprattutto all’interno di antologie, circolavano già in Italia (Qui potete trovare un elenco dei racconti tradotti in Italia www.fantascienza.com/catalogo/autori/NILF10562/mary-elizabeth-braddon/). Fatto questo, ho selezionato quelli con ambientazione inglese (ce ne sono di ambientati in Francia, in Italia, e persino in Egitto e al Polo Nord). Ho incluso L’ultima apparizione, ambientato nell’ambiente teatrale della Londra settecentesca, perché qui Mary Elizabeth Braddon dimostra le sue conoscenze in questo campo (aveva infatti recitato nei teatri di provincia prima di diventare scrttrice a tempo pieno); Il volto nello specchio è una classica storia di spettri. Tra apparizioni spettrali, vecchi manieri, camere nascoste e specchi rivelatori, be’, la tentazione era troppo evidente per non cedervi. Infine Il sogno: questo racconto è rientrato tra le mie scelte perché è, prima di tutto, un bell’esempio della maestria di Braddon nel creare la giusta atmosfera attraverso la descrizione del paesaggio. E poi è uno dei pochi narrati in prima persona, e questo artificio permette di cogliere al meglio l’angoscia della protagonista.
Parlando di traduzioni, io sono una novellina: traduco professionalmente solo dalla fine del 2010 e finora, a dire la verità, ho tradotto poco e niente che mi abbia appassionato più di tanto. Le traduzioni di cui vado più fiera sono Storie di fantasmi giapponesi di Lafcadio Hearn e I racconti di Mary Elizabeth Braddon. Come dicevo prima, il Vittorianesimo mi appassiona molto (ultimamente, per esempio, ho letto Wives and Daughters di Elizabeth Gaskell, mentre al momento sono alle prese con Casa desolata di Charles Dickens): grazie ai Dragomanni (soprattutto alla professionalità di chi mi revisiona e revisionerà in futuro) ho la possibilità di tradurre ciò che più mi piace e di farlo conoscere al pubblico italiano. Certo, se potessi lavorare su questo genere di testi, o anche romanzi ambientati in quel periodo in particolare, in collaborazione con qualche casa editrice, be’, potrei dire di aver raggiunto uno dei miei obiettivi!
Per il catalogo delle opere disponibili del gruppo Dragomanni, ecco il link: www.dragomanni.it/il-catalogo-dei-dragomanni/
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