John Flack è un pazzo, diciamolo subito. Non solo: è anche un pluriomicida. Non solo, è anche il personaggio che apre il romanzo Terror Keep (1927) del celeberrimo e prolifico Edgar Wallace, romanzo apparso per la prima volta in Italia nel 1932 per Mondadori (I Libri Gialli n. 51) con il titolo Il covo sul mare, e ristampato dal ’91 dalla Garden Editoriale come Il castello del terrore. (L’edizione da cui sono tratte le citazioni che seguono è di quest’ultima casa editrice - I Grandi Autori del Giallo n. 29, marzo 1998 - con traduzione di Roberta Formenti.)
Rinchiuso nel famigerato manicomio criminale di Broadmoor, Flack è considerato un genio del male con i suoi nove omicidi all’attivo. (Cifra che oggi, in tempi più civili, ci sembra ridicolmente bassa!)
Il soggiorno nel manicomio viene speso in maniera intelligente, «scrivendo o leggendo, perché era una sorta di genio con la penna e scriveva con straordinaria rapidità. Aveva riempito centinaia di quaderni scrivendo un grande trattato sul crimine. Il direttore del manicomio l’assecondava, permettendogli di tenersi i quaderni, aspettando di poterli poi raccogliere nel suo interessante museo.»
Si è capito, insomma: Flack decide di passare a livello successivo compiendo il più grande ed efferato crimine che si possa concepire. Scrivere un libro!
Un suo quaderno-libro ha come titolo Come svaligiare una banca nel caso ci siano solo due uomini di guardia. «Il direttore, che era stato un soldato, lesse e rilesse, fermandosi di tanto in tanto per grattarsi la testa; perché quel documento, scritto con mano chiara e ben leggibile, gli ricordò un ordine d’attacco usato nell’esercito. Non c’erano dettagli troppo piccoli per essere trascurati. Si prendeva in considerazione qualsiasi possibilità. Non solo si elencavano gli ingredienti per produrre la droga per “sistemare le guardie”, ma c’era anche una nota di spiegazione».
Ecco la nota: «Se non è possibile procurare questa droga, io consiglio di telefonare a un qualsiasi dottore e descrivere i seguenti sintomi... Il dottore prescriverà la droga in minima quantità. In questo modo ci si possono procurare sei bottigliette di questa medicina e poi, per estrarre la droga, si procederà come segue...»
Questo sì che è un vero manuale del bravo criminale!
«Lo faccio solo per divertimento - è il commento di Flack, - per tenere in esercizio la memoria. Ho già scritto sessantatré quaderni su questo argomento, e non credo che si possano migliorare.»
Il numero ingente di volumi manoscritti, grondanti efferatezza, vengono ribattezzati dal direttore con un nome collettivo davvero delizioso: Enciclopedia del Crimine.
Non passa molto tempo prima che Scotland Yard - evidentemente a corto di casi reali da seguire - si interessi al potenziale di quella particolarissima enciclopedia.
«Sarebbe davvero terribile se cadessero in mani sbagliate», dice l’investigatore Simpson all’autore carcerato, il quale non ha alcuna intenzione di rivelare ai preoccupati detective dove sia nascosta la monumentale opera dedicata al crimine.
La scena cambia e Wallace ci trasporta in un hotel gestito dal curioso signor Daver, appassionato scrittore che non vorrebbe essere disturbato dalle attività alberghiere durante la sua creazione. Quale creazione? Ovvio: «Mi interesso di crimine. Sto preparando un’enciclopedia del crimine!» Una coincidenza che l’intento sia lo stesso del signor Flack?
Com’è usanza degli hotel di inizio secolo, avverranno dei delitti e ad investigare su questi ritroviamo J.G. Reeder, personaggio che Wallace ha già presentato al pubblico in due romanzi: Il signor Reeder investigatore (Room 13, 1924) e L’astuzia del sig. Reeder (The Mind of Mr. J.G. Reeder, 1925), e che ritroveremo ancora in almeno altri tre titoli.
È l’arguto Reeder a fare da collegamento fra le storie di Flack e Daver. «Prima di andare in prigione John Flack affidò alla sua figliola la sua famosa enciclopedia del crimine. [...] Il signor Daver, il suo segretario, entrò in possesso di quei volumi un anno dopo. Organizzò la banda Flack nel loro vecchio quartier generale, questo albergo che era intestato a lui. Da quando hai saputo che John Flack voleva scappare e che avresti anche dovuto aiutarlo nell’impresa, hai vissuto nel terrore che lui avrebbe scoperto il tuo doppio gioco. Dimmi che sono un bugiardo e ti spacco la testa!»
La stuzzicante Enciclopedia del Crimine non ha altro peso all’interno della storia, ma dimostra ancora una volta quanto anche dall’autore più inaspettato possa arrivare un gioco letterario: anche il decano del giallo classico Edgar Wallace può lasciarsi andare ad un divertissement pseudobiblico, proprio come accade al decano della sceneggiatura televisiva Brian Clemens.
Questi infatti nel 1992 scrive Perry Mason. Morte di un dongiovanni (The Case of the Reckless Romeo), episodio della lunga saga del noto avvocato nato dalla penna di Erle Stanley Gardner ed intepretato dal celeberrimo Raymond Burr. (Che nel ’92 era purtroppo agli sgoccioli della propria vita.)
Ted Mayne (Geraldo Rivera) dirige il programma in diretta “Revelations” che dovrebbe occuparsi di scottante attualità ma, in pratica, è interessato maggiormente al gossip e al pettegolezzo. Una sera, a fine puntata, Mayne chiude la trasmissione con un annuncio sensazionale.
«Tutto quello che volevate sapere su di me ma che avevate paura di chiedere finalmente è stato svelato» declama il presentatore mostrando al pubblico una copia della sua autobiografia fresca di stampa: Revelations. «La verità e non soltanto la verità su di me e sulle mie tante avventure, ma anche su tante donne speciali che ho conosciuto e amato, e tutto nei più intimi dettagli». Come assaggio, Mayne fa il nome e cognome di alcune delle donne con cui ha avuto un’avventura, mettendo così subito in imbarazzo (in diretta!) un bel numero di persone.
Il libro, ricorda il presentatore, sarà in libreria dal giorno dopo... ma è facile per noi immaginare che Mayne non vedrà di sicuro il nuovo giorno... da vivo. Fra tutte le donne (e i relativi compagni di vita) che si sono viste rese pubbliche le avventure con il presentatore, c’è solo l’imbarazzo della scelta a cercare il movente dell’omicidio.
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