- Serial killer. In questo caso, serial painter, anzi, paintress.

- Sempre bravo con l’inglese, tu.

- A saperlo, dove sarei arrivato. Tornando ai serial killer, per prenderli l’FBI ha messo su a Quantico, in Virginia, l’Unità di Supporto Investigativo, che una volta si chiamava Scienze Comportamentali.

- Quando uno ci è portato come te... - si complimentò il commissario con grandi scossoni della sua testa brizzolata. - L’FBI la sospettava di una catena di delitti, da quando sono comparsi quei quadri. Le piace mettersi in mostra, alla lettera. Basta l’accortezza di scegliere ogni volta un posto lontano da quello dove ha compiuto l’ultima opera. Che ci vuole? Con i mezzi di oggi, puoi arrivare dovunque. L’unico problema è che non esistono cadaveri: lei li ha sempre fatti sparire. E si trattava di uomini del tutto privi di legami, dei quali nessuno denunciava la scomparsa.

- Un profilo che mi calza a pennello. Per questo mi hai portato a quella mostra.

- Infatti.

- Stronzo più di lei. E più di quello che ha scatenato il suo odio

- In quanto a questo... - Il commissario cercò qualcos’altro da guardare che non occupasse il mio posto nello spazio e nell’impasto di cemento. - Esistono informazioni.

- Viene da New York. Potrebbe aver subito uno stupro con sevizie da coltello.

- Tutt’altro. L’hanno addestrata.

- Chi?

Il commissario compì una rotatoria con il palmo della mano: - Il governo americano. I militari. Qualche branca innominabile. Contano i risultati.

- Ci ha preso gusto e si è messa ad uccidere per hobby.

- Non proprio. Sì, ha commesso degli omicidi puramente... edonistici. Poi, prima di venire braccata si è fatta assumere come contractor da qualche parte, fuori dalle frontiere della civiltà. Finché non l’hanno catturata quelli contro cui l’avevano aizzata.

- Contractor? Gli assassini in subappalto degli americani? Uccideva per conto di Washington.

Il commissario non assentì. Proseguì sulla scia di quelle indiscrezioni che schiudevano su una galassia di orrore perfino soverchiante rispetto a quello cui ero scampato.

- Come sai, l’FBI non si trova sempre in sintonia con quelli che lavorano sporco. Per questo abbiamo avuto parte del fascicolo. La tua Jeena...

- Non è mai stata mia.

- ...Figurava nella lista dei catturandi, ma questo le dava anche un curriculum interessante per chi l’ha assoldata a scopo operativo.

- Cioè, l’hanno assunta propria perché serial killer.

- All’incirca. Ripeto, la catena su cui indagava l’FBI comincia da prima della sua carriera di contractor. Considera che andare all’estero, sia pure in località similari all’inferno, per lei era trarsi d’impaccio. Purtroppo, ha dovuto vedersela con una ferocia pari alla sua. Quando un contractor incappa proprio nelle mani di quelli che dovrebbe neutralizzare, sconta su di sé tutto il rancore accumulato dai cosiddetti “oppressi”. Per lei, il fatto di essere donna costituiva un’aggravante. Dopo le probabili sevizie subite, con relativa fuga, Jeena non rispondeva più ai comandi. Inoltre, aveva messo da parte abbastanza risparmi per vagare a caso. E riprendere ad ammazzare. Di nuovo in proprio, non per conto terzi.

- Tutto questo in parte del fascicolo che ti ha passato l’FBI?

- Ho riempito le lacune con un po’ di intuito.

- Ti è anche venuta l’idea. Se bisognava trovare il nesso fra quadri e cadaveri, perché non fornirgli uno scemo in cerca dell’idillio, perfetto per finire stecchito e immortalato su tela?

- Non riuscivamo a localizzare l’entrata della cantina. Era mascherata da un pannello nel sottoscala.

Mi levarono dal cemento a picconate e in ospedale mi medicarono lo strappo dello stilo sul torace.

Solo la mattina dopo, nel suo ufficio, il commissario ebbe il coraggio di completare la verità. Era scappata. L’avevano perduta nel labirinto delle case diroccate, con le cantine che comunicano. In quel mondo sotterraneo, una belva sa orientarsi. Per poter balzare fuori quando ne ha voglia.

Io sono ancora incompiuto, fra i suoi schizzi.

© 2012 Enzo Verrengia