Era quello che ci voleva per distrarmi. Dimenticai Jeena e i suoi schizzi in un flusso di frasi fatte. Poi si rifece sera con quell’arbitrario procedere del tempo, che accelera o rallenta per conto proprio, spesso al contrario delle nostre aspettative, e tornai da lei alla galleria. Per tutta la giornata la porta era stata aperta, ma la fragranza dei tigli del corso non aveva del tutto cancellato l’odore dei pasticcini. Complice l’afa in anticipo. Jeena era seduta in un angolo e vedendomi entrare alzò gli occhi dal suo tascabile in inglese.

- Ne ho molti a casa - le dissi. - Se resti a corto di roba da leggere, fammelo sapere. Anzi, perché non vieni subito a sceglierti qualche libro?

- Con chi vivi?

- Solo. Avevo una madre, ma è morta l’anno scorso.

- Fratelli? Sorelle?

- Unico e orfano. Quanti visitatori finora alla mostra?

- Uno solo, e molto assiduo.

- È la mafia dei pittori locali. - Forse non ero lontano dal vero. - Minacce a quelli che vorrebbero entrare.

Un’ora dopo stavo con lei sotto le mie lenzuola. Già mentre lo facevamo non mi bastava. Avrei voluto molto di più: la certezza di non perderla. I suoi movimenti sotto di me avevano il brio di una giornata col mare mosso senza burrasca. In ogni istante avevo l’impressione di dare finalmente qualcosa a un’altra persona. E che lei l’accettasse.

- Com’è andata? - chiese dopo.

- Ma non dovremmo essere noi maschietti ad avere l’ansia da prestazione?

- Intendevo la tua vita.

- Studiavo giurisprudenza e a un certo punto ho smesso per pigrizia. Sapevo scrivere, e ho cominciato a lavorare al giornale. Mia madre mi ha lasciato un po’ di roba, per quando la stampa andrà in crisi. Il che non succederà, perché qui vorranno comunque leggere pettegolezzi anche via computer.

- Allora non sei povero come dicevi.

- No. Ma quando te ne andrai, avrò perso tutto.

- Per ora resto - mi assicurò Jeena.

Il panorama del posto va tutto in una sola cartolina, perciò i cambiamenti si notano subito. Io che giravo con l’americana avevo apportato più variazioni del piano regolatore mai approvato dalle giunte comunali che si erano succedute. I soliti che credevano di essere miei amici cominciarono a farmi quegli osceni complimenti che sono la manifestazione più tipica della solidarietà maschile.

Ormai però parlavano una lingua che iniziavo a non capire più. Stavo uscendo dalla vecchia pelle. Ero ancora in età da riprendere a studiare. Avevo tutto il tempo per finire gli esami e arrivare alla laurea. Magari da attempato fuoricorso, ma pur sempre entro i limiti per cominciare a vivere sul serio. Con Jeena. In America hanno sempre tanto bisogno di avvocati, l’aveva già scoperto Tocqueville.

Anche le mie nozioni sulla pittura si andavano affinando. Jeena mi dava intere lezioni di anatomia per insegnarmi le regole dell’armonia nei ritratti. Ormai passavo tutte le giornate con lei alla galleria. Non avevo bisogno di fare il solito giro. Il sindaco si era dimesso e bastava improvvisare requisitorie politiche per riempire il giornale.

Di tanto in tanto, incrociavo il commissario.

- Dopo la guerra gli americani hanno conquistato le nostre donne - disse una volta. - Adesso le americane sono arrivate a prendersi gli uomini.

- Mi piace essere “preso”.

La mia paura era che fosse lei a scappare.

- Li hai conosciuti? - chiesi a Jeena, riferendomi ai modelli di quei nudi maschili.

- Sì.

- Dove.

- Dovunque ho vissuto.

Gelosia alla massima potenza.

- Perché solo uomini e non altri soggetti?

- Perché gli uomini sono...

Pensai stesse cercando una parola o una frase, ma non disse altro.

- Queste venature sui corpi - osservai. - Che significano?

- È il mio stile.

Quando la pelle di Jeena non ebbe più segreti per me, cominciai a cercarli dietro le sue pupille incastonate. Ma lei era bravissima a schivare i miei scandagli con i sorrisi.

Jeena aveva impegnato la galleria d’arte per diversi giorni. Non venne mai nessuno. Anche gli imbecilli che credevano di essere miei amici si tennero a distanza. Scaduto il termine, la aiutai a portare via i quadri. Non erano tanti. Li caricammo sulla mia macchina.

- Come hai fatto per l’allestimento?

- Mi hanno dato una mano dei ragazzi che passavano.

Per andare a casa sua, dovetti parcheggiare in una stradina disabitata e addentrarmi con lei in un labirinto di stamberghe puntellate.