“Le Regole di Mosca”, come diceva il suo capomissione. La Guerra Fredda era terminata da vent’anni, ma in Russia certe precauzioni valevano oggi come un tempo. Solo la tecnologia cambiava. Invece del gesso si usavano vernici impercettibili per l’occhio umano, però la procedura era la stessa. E il risultato dell’operazione, come sempre, era affidato a ciò che gli esperti di spionaggio chiamavano HUMINT, il lavoro di intelligence svolto da agenti umani. Più fallibili dei computer ma decisamente più idonei a cogliere i dettagli. E, nella missione corrente, erano le sfumature che contavano di più.
Nikki si sedette a un tavolino del caffè all’aperto senza curarsi di cercare i residenti che vegliavano su di lei. Il segno era sufficiente a garantirle che, al momento, non erano state rilevate presenze ostili nel circondario.
Ordinò un tè verde alla menta con dei pasticcini, quindi accese il portatile inserendosi nella rete wi-fi fornita dal locale e aprì la pagina della posta del “Kurier”.
Una copertura. Le vere comunicazioni avvenivano attraverso il suo iPhone, collegato alle cuffie che inserì attivando una connessione criptata protetta da un dispositivo di electro-jamming che la isolava da possibili interferenze.
- Raccoglitore in prima base - sussurrò al microfono fissato al collo della dolcevita.
- Pronti alla battuta - disse la voce del capomissione dei residenti da una postazione nascosta in un edificio sfitto a un centinaio di metri. - Siamo in perfetto orario.
Nikki sospirò. Lo sperava davvero. Quella era la sua terza missione importante, ma decisamente si presentava come la più rischiosa. Erano diciotto mesi che intratteneva una stretta amicizia con Hannah Borakova, giornalista della “Novaya Gazeta”. Si erano conosciute a Vienna a un party dove avevano socializzato. In seguito Nikki aveva fatto in modo di incontrare la collega in altre occasioni, prima in Europa e quindi in Russia. Si erano scambiate favori, professionali e personali. Una volta Nikki aveva persino procurato all’amica un paio di biglietti per il concerto di Capodanno a Vienna, e poi un’introvabile borsetta della collezione di uno stilista italiano che si rifiutava di aprire negozi in un paese dove era costretto a pagare una percentuale alla maffya. La fase del “corteggiamento”, come si diceva nel gergo dei servizi, aveva dato i suoi frutti. Hannah era diventata una risorsa senza neanche saperlo. Non aveva voluto niente in cambio se non l’appoggio della collega dell’ovest per pubblicare quella che, a dir suo, era una storia fenomenale. Di questa e delle sue potenzialità, fino a quel momento, Nikki sapeva poco, ma c’erano due elementi che avevano convinto il suo supervisore a Bruxelles, sede della DSE, a procedere. Per prima cosa Hannah le aveva detto che, al centro di tutto, c’era Grigori Evgenevic Semionov, oligarca più volte perseguitato dal Cremlino ma in realtà in ottimi rapporti con Putin e un certo numero di siloviki dell’FSB. In pratica un cuneo inserito nel capitalismo occidentale e, secondo la DSE, una quinta colonna estremamente pericolosa. Il secondo accenno aveva decisamente smosso le acque. L’operazione finanziaria internazionale in cui Semionov sembrava coinvolto aveva il nome in codice Barracuda. Per ottenere informazioni su tale operazione erano già morti tre agenti della DSE a Roma, a Parigi e a Riyad. Di qualunque cosa si trattasse, era dinamite. Da qui la necessità di fornire a Nikki ogni copertura possibile nel caso Hannah fosse stata intercettata nelle sue ricerche. La giornalista stessa aveva ripetutamente espresso preoccupazione negli ultimi giorni.
Dovevano incontrarsi alle 11.30 e seguire una procedura di esfiltrazione dalla Russia. Hannah portava in dote documenti segretissimi riguardo a Barracuda e a Semionov.
Nikki bevve il suo tè fingendo di consultare la casella di posta elettronica. Ufficialmente aveva appuntamento con la collega per stabilire modi e tempi di un’intervista con un magnate dei gasdotti siberiani. Figura importante ma assolutamente di secondo piano nelle indagini della DSE. Erano nel paese dei complotti, delle sinistre manovre di servizi segreti che dai tempi degli zar avevano portato ai massimi livelli l’arte del depistaggio.
- Obiettivo in avvicinamento - disse una voce all’auricolare di Nikki.
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