Con il commissario Zottìa…
Villa Tre Pini di Marco Polillo, Rizzoli 2012.
La Villa è sempre stata uno dei punti focali della letteratura poliziesca, soprattutto del giallo classico, ovvero del mystery. Basti ricordare quella dei “Dieci piccoli indiani” dell’Agatha internazionale.
Qui, nella Villa Tre Pini sulle colline del lago Maggiore, invitati da Maria Carla, se ne riuniscono tredici (se non ho contato male) che porta pure sfiga. Tra questi troviamo Enea Zottìa, il vicecommissario della Questura di Milano, infelicemente sposato con Enza e legato ad una storia sentimentale con Serena, amica della padrona di casa, che abbiamo già trovato nei libri precedenti di Polillo. Timido, con la paura di essere inadeguato, “un certo impaccio nel parlare”, soprattutto di fronte ai rappresentanti dell’altro sesso. Capelli neri, occhi scuri, baffoni ispidi. Un vero uomo del Sud.
La situazione si evolve, gli invitati sembrano avere qualche passato rapporto fra loro e nascondere pure qualche segreto. Chiaro che arriva il morto, all’inizio dato per dipartito in modo naturale (di mezzo il diabete e l’insulina). Ma c’è qualcosa che non quadra per il nostro vicecommissario un po’ depresso dalla situazione matrimoniale (se ne accorge anche il gatto) e dal rapporto difficile con Serena, attratta da un giovanotto piuttosto misterioso e affascinante. La storia va avanti con i soliti intrecci e i dubbi di Enea, insieme a quelli degli altri personaggi (dubito, ergo sum sembra il motto del libro), e ancora a più di metà percorso il caso sembra proprio chiuso.
Polillo è lì che tira le fila del suo congegno giallistico passando veloce da un personaggio all’altro con le sue storie, i suoi problemi, uno che finisce all’ospedale, un altro morto ammazzato, un miscuglio di vicende che si intersecano, il passato drammatico che riemerge (due incidenti mortali), un SUV e un coltello che spariscono, il ricatto, la classica riunione finale con assassino incorporato (ma sarà proprio lui?). Incasinamenti sentimentali, una tristezza malinconica e deprimente che serpeggia lungo il racconto con il povero Zottìa che le becca da tutte le parti (si riscatta quando indaga).
Misteri della scrittura e del mio disfacimento neuronale. Un libro che mi appare intrigante, ironico (vedere la figura bersagliata dello scrittore Ludovico Incerti, il cui cognome è tutto un programma), bene organizzato e nello stesso tempo corposamente palloso.
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