Carsten Strud l’ha pensata bella, ma non crediate che basti un metodo geniale per essere scelti da un grande editore e diventare best-seller. Poco meno di un anno prima che il libro uscisse in Italia (è stato pubblicato da Longanesi il 14 settembre 2012), è successa una cosa insolita: due settimane prima della Fiera del libro di Francoforte, i più importanti editori del mondo hanno ricevuto il primo capitolo di Niceville, col nome dell’autore celato dietro uno pseudonimo (avrebbero poi scoperto che si trattava di uno scrittore affermato). L’anonimato, l’inquietudine della storia e la scrittura che la padroneggiava hanno alimentato il mistero, tanto più che il secondo e terzo capitolo sono arrivati nelle medesime case editrici nei giorni successivi. Il romanzo ha suscitato l’interesse e la curiosità di tutti, la corsa all’asta è stata una conseguenza, basti pensare che Longanesi ne aveva già comprato i diritti il primo di ottobre, mentre gli altri diritti esteri venivano venduti in 11 paesi del mondo.
Ecco perché l’escamotage ha funzionato: dietro c’era un libro solido, con una forte architettura, atmosfere alla Stephen King con un apporto originale, la capacità dell’autore di alternare momenti narrativi a dialoghi, a brevi pennellate che caratterizzano i personaggi e luoghi la cui calma sembra celare il finimondo:
«Sylvia aveva sempre pensato che Niceville sarebbe stata una delle cittadine più belle del profondo Sud se solo non fosse stata edificata. Dio solo sapeva perché, all’ombra incombente del Tallulah’s Wall, la massiccia rupe calcarea che dominava la parte nordorientale della città, un muraglione immenso ricoperto di viticci e muschio bluastro e verdastro, una parete a picco tanto alta e larga che intere zone di Niceville rimanevano al buio sotto la sua ombra fino a mezzogiorno passato. Il cima al picco c’era una fitta selva di alberi secolari e, nel cuore di quell’antica foresta, un’ampia dolina circolare, colma di acqua nera. Nessuno sapeva quanto fosse profonda».
Niceville esiste, è una cittadina in Florida, anche se l’autore non si è riferito a questa, nel partorirne la genesi: era seduto su una tomba nel cimitero di Savannah. La sua Niceville è tutta inventata, dunque, e attorniata da colline verdi e ubertose, ville coloniali, i suoi quartieri alti vantano prati curati, querce e tillanza. Qui vive e sparisce Rainey Teague – appena dieci anni –: scatta l’allarme, la polizia si attiva, ma il bimbo pare essere scomparso nel nulla pochi minuti dopo che la sua attenzione era stata calamitata da uno specchio. Spariscono altre persone e, uno dopo l’altro, si susseguono avvenimenti angoscianti che convergono tutti in un grande dubbio che presto si insinua nel lettore: Niceville è abitata dal male, un male antico, feroce, solo apparentemente sepolto. Un vaso di Pandora scoperchiato ineluttabilmente, dove i personaggi sono tasselli ben incastrati di vicende che concorrono tutte alla medesima distorsione malefica. E dalla sfera individuale si ampliano a quella collettiva, poi si ripiegano alle parentesi famigliare perché le tre dimensioni – personale, familiare e paesana – sono imprescindibili.
Rimandando al sito del libro, www.nicevilleusa.com, e raccomandandovi caldamente la lettura, concludo con la citazione di un dialogo intercorso tra Kate e suo padre:
«È successo qualcosa di... anomalo, per caso?»
«Anomalo, papà? In che senso?».
«[...] Con anomalo intendevo... qualsiasi cosa difficile da spiegare».
«A parte il fatto che Rainey è praticamente evaporato nell’aria davanti a una telecamera di sorveglianza che ha ripreso tutto?».
«Davanti al negozio di pegni di Uncle Moochie, giusto?».
«Giusto».
«Hai detto che era sul marciapiede e stava guardando qualcosa esposto nella vetrina di Uncle Moochie?».
«Sì».
«Sai che cosa?».
«Uno specchio».
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