La definizione più bella per Detachement – Il distacco di Tony Kaye (American History X), è sul magazine di La Repubblica “XL”.
Citiamo a memoria: “Se L’attimo fuggente mostrava un professore caldo in una scuola fredda, stavolta siamo di fronte ad un professore freddo in una scuola calda”. Che Henry Barthes/Adrien Brody lo sia (freddo), difficile da confutare. Aggiungiamo freddo e apparentemente vicino all’apatia ma capace di suscitare tutt’attorno incendi che una volta accesi diventano difficili da domare.
Ma Henry non è pioggia di sangue, piuttosto guanti di velluto in pugni di ferro perché ha capito (è stata la vita a insegnarglielo…) che a volte occorre scuotere di brutto per ottenere qualcosa, mostrare durezza per penetrare ciò che sembra esserlo altrettanto.
Difficile stabilire dove termina la laicità di un ritratto collettivo/sociologico di un’istituzione (la scuola americana) e dei suoi membri, e dove ne inizi un altro. Quest’ultimo è tutt’altra cosa, ricco di sfumature redentrici, dove Adrien Brody sembra farsi agnello sacrificale così da potersi accollare tutti i guasti, gli incerti, la confusione del mondo in particolare attraverso il rapporto con due figure femminili, quella di una giovane prostituta e di una talentuosa studentessa.
Non tutto andrà per il verso giusto e non tutti saranno salvati (il che equivale a “qualcuno invece sì”…) e questa semplice quanto amara verità a momenti colerà lentamente dallo schermo, in altri sarà una vera e propria inondazione, in linea con uno stile di regia a tratti classico, in altri moderno, ricco di contaminazioni (fumetti, disegni animati). post, insomma…
Perfetto nel suo perenne struggente dolore Adrien Brody. Coraggioso, anzi di più, James Caan.
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