Se non fosse realmente vissuto, Mario Nardone potrebbe sembrare un personaggio uscito dalla penna di un Georges Simenon mediterraneo. Ironico, disincantato e puntiglioso fino allo sfinimento ma dotato di una sua etica, di un'umanità profonda, innamorato della sua famiglia (che lo sopporta perché non lo vede quasi mai), della buona cucina e pronto a tutto pur di non rinunciare a una battuta; è stato una leggenda nella Milano degli anni '50 e '60.
Con Nardone nasce la squadra mobile meneghina, e con lui protagonista l'Italia impara ad appassionarsi di quella che per tutti divenne la "Cronaca Nera". Storie di amori tragici, di rapine, di delitti che, pur nella loro efferatezza, avevano sempre un che di tragicamente umano e sembrano lontanissimi da quelli spietati di oggi.
Per delineare al meglio la figura del Commissario, è impossibile non accennare alla Milano di quel tempo. La città che, pur non essendo la sua, finirà per appartenergli. Una città dove Nardone, napoletano, non trova un bar dove bere un caffé decente neanche a pagarlo oro; una città di nebbia, gelo e pioggia; una città senza mare, dove "anche la gente che viene dal sud dimentica presto di saper sorridere" e s'innesta nella frenetica macchina produttiva. Una città che, comunque e nonostante tutto, Nardone ama senza darsene ragione.
Il Commissario Nardone arriva a Milano subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, trasferito da Parma, dove si era macchiato di una colpa gravissima: l'aver denunciato alcuni colleghi coinvolti in traffici poco puliti.
Nato ad Avellino, raro caso di Commissario che non aveva aderito al partito fascista durante il ventennio, si ritrova nella capitale industriale di un'Italia uscita prostrata dalla guerra e lacerata da contraddizioni politiche ed economiche non ancora risolte. Milano è in piena ricostruzione, con gli sfollati che un po' alla volta rientrano in città e nuove abitazioni sorgono per dare un tetto a chi, solo pochi anni prima, ha perso tutto.
Milano che si prepara agli anni cinquanta con un proletariato affamato, costretto dalle condizioni economiche a dover commettere piccoli furti per mera sopravvivenza, a dover campare con attività "di ingegno" spesso ai limiti della legalità. Una realtà dove dominano anche grandi passioni che fanno riempire pagine e pagine di inchiostro a giornalisti sempre più affamati di eroi, vittime e icone nuove per un paese che cambia.
In questo contesto convulso, in questa città povera ma affamata di speranze e ricchezza si impone, anche come fenomeno culturale, la mala. Una mala che, equipaggiata di armi di facile reperibilità (in certi ambienti, dopo la guerra, un mitra si trova più facilmente di una bistecca), riempie le cronache dei giornali con racconti vicini a quelli dell'America degli anni '30.
La mala a Milano è così forte e diffusa da crearsi una "sua" storia, che inevitabilmente coincide con quella della città. Una storia di furti temerari, di colpi che diventano sempre più scientifici e audaci, di fughe improbabili e spericolate, di refurtive nascoste nei depositi di formaggio di Corso San Gottardo, di notti folli in cui si rischia di perdere tutto il bottino per amore di una ballerina o per un numero da giocare nei casinò della vicina Svizzera. Una storia che crea miti e leggende, che viene raccontata e si fa cultura popolare.
Nei bar, nelle osterie, nei night, in fabbrica, per strada, dalle 'case di ringhiera', viene cantata l'epopea di personaggi e piccole bande che si contendono e governano un mondo, che creano e legittimano i "loro" quartieri.
Nardone di questo universo sa e conosce tutto e tutti, al punto tale di farsi egli stesso mito. Al punto tale da essere rispettato da quegli stessi criminali che ogni giorno sono suoi avversari in una lotta di sopravvivenza che ha comunque regole e codici precisi, a volte persino "cavallereschi".
Milano è letteralmente nel taschino di Nardone, che diventa il Commissario in grado di portare a termine qualsiasi indagine, anche grazie all'aiuto della squadra che mette in piedi.
La fiducia è importante nel lavoro di indagine e così Nardone sceglie personalmente i suoi collaboratori, finendo per creare la prima squadra investigativa italiana, la "mobile"; strutturata per stare al passo con le innovazioni che vengono architettate dai criminali.
Una squadra mobile formata da giovani agenti, competenti in diversi campi e che coprono tutte le discipline dell'odierna Polizia.
A Milano, inaspettatamente, Nardone trova anche l'amore. Una ragazza indipendente e determinata, Eliana, conosciuta durante una delicata indagine, farà battere il cuore del commissario. Tra i due protagonisti si instaura da subito una storia d'amore profonda e duratura, che mostra il lato più umano del nostro commissario, alle prese con gioie e dolori della vita matrimoniale.
Ricordiamo che il vero commissario Nardone ebbe ruoli decisivi nelle indagini svolte per i casi di Rina Fort (la belva di via San Gregorio), la rapina d'oro di via Montenapoleone, quella di via Osoppo, e quelle per catturare la banda Cavallero. Nardone dal 1946 al 1962 visse praticamente in Questura. Prima con l'incarico di aggiunto, quindi capo della squadra mobile, infine dirigente della Criminalpol. Morì nel 1986, a 71 anni, dopo una lunga malattia.
Il commissario Nardone andrà in onda su Raiuno dal 6 settembre e avrà il volto di Sergio Assisi. Accanto a lui, nelle sei puntate della serie, troveremo Giorgia Surina nel ruolo della moglie di Nardone, mentre Giuseppe Soleri vestirà i panni dell’antagonista cui il commissario darà la caccia senza tregua. Del cast faranno parte, tra gli altri, anche Stefano Dionisi, Franco Castellano, Anna Safroncik e Margot Sikabonyi. La serie è scritta da Gianni Cardillo, Marcello Olivieri, Silvia Napolitano, Andrea Purgatori, Vincenzo Scucimarra e Stefano Voltaggio.
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