Le ultime chiacchierate ci hanno portato a confrontarci con alcuni grossi furfanti immaginari, ma dal disegno quasi profetico. Eppure c’è stato qualcuno che aveva già inventato tutto, molto prima. Le prove generali di tanti fattacci che saranno poi oggetto di infinita romanzeria furono fatte in un teatrino di Parigi, alla fine dell’800.
Siamo negli anni d’oro dello champagne e dei mutandoni del can can. I Parigini, raffinati come sempre, si sono appena tolti dalle scatole quei rompitasche dei communards dell’infausto ’70. Ma le opportune fucilazioni pubbliche che ne sono seguite hanno lasciato il segno, rivitalizzando la nobile tradizione repubblicana del sangue per strada e del vilipendio di cadavere. E così nasce il Grand Guignol.
Grand Guignol, difficile da tradurre. Il Guignol è una specie di Pulcinella, o del romano Meo Patacca. Ma tradurre il Gran Patacca potrebbe sembrare irriverente verso i cugini francesi. Oltretutto non è che il teatro sia becero: al contrario, Oscar Méténier, il tizio che lo inventa, è intellettuale fino, ha lavorato a introdurre Ibsen e il naturalismo in Francia. Tra l’altro Oscar ha collaborato con il Théâtre Libre, fondato da André Antoine con lo scopo di spazzar via tutto il romanticume che ancora imperversa sulla scena parigina a colpi di Zola e Checov. Non si pensi dunque alla Donna cannone o al Petomane: quelli del Guignol sono spettacoli che ambiscono al riconoscimento della critica.
Forse è proprio lui che conforta nelle ore estreme il terribile François Claudius Koenigstein-Ravachol, l’anarchico bombarolo scorciato nel ’92 dopo aver sconclusionato la Francia intera. Ne ascolta le sparate ideologiche, ma sono certo che quella che si appunta è invece la storia della tomba della baronessa de la Rochetaillée, violata di notte per strappare al cadavere i suoi gioielli.
Oscar Méténier si è guardato intorno, ha fatto una capatina a Pigalle, deve aver frequentato il Moulin Rouge e sa benissimo quello che vogliono da lui i suoi concittadini: vogliono quello che vogliamo tutti, sesso e fattacci. E proprio in fondo a un vicolo cieco, l’impasse Chaptal, trova quello che gli sembra adatto per ospitare il suo progetto: una vecchia cappella sconsacrata, con due angioloni di stucco a ridosso del boccascena che avrebbero fatto la felicità del Belli. Che c’è di meglio per alludere all’apocalissi che ogni sera verrà recitata dall’altra parte di quel confine ideale? E per di più la cappella ha un’altra preziosità, una balconata divisa in palchetti, schermati alla vista da una fitta rete metallica, tanto da far meritare loro il soprannome di confessionali. Dove si favoleggia che gli spettatori più abbienti, protetti dalla vista del popolaccio in basso, si abbandonino a peccaminose eccitazioni durante gli spettacoli, condite da emissioni dei più diversi fluidi corporei. Mentre il pubblico che vuole palpitare si assiepa nelle poche file di poltrone con la speranza di ricevere in faccia qualche schizzo di sangue, al momento dell’ammazzamento.
Nel giro di quei pochi, straordinari anni in cui il mondo sembra rinnovarsi, al Grand Guignol vengono sperimentate pressoché tutte le tecniche narrative che poi vedremo affermarsi a livello di massa, grazie al cinema splatter degli anni ’80-90: ipnosi malefiche, avvelenamenti corrosivi, scuoiamenti sadici e feticistici, rianimazioni di cadaveri, sottrazione di organi a scopo di lucro o di libidine, contaminazioni morbose, deliri genetici. Come Fantômas sui tetti di Parigi, il Gran Patacca estende la sua ombra a partire dai deliri surrealisti fino alle pagine di Detective, culla i sonni di Landru, scivola nella allucinazioni ematodispsiache di Peter Kurten, l’orrendo seviziatore cui si è ispirato Fritz Lang per il suo M.
Nella sua cella risuonano le battutacce sghignazzanti di quei personaggi, mentre aspetta avido che la lama della ghigliottina scenda a troncargli il collo, nella speranza di poter finalmente assaporare negli ultimi istanti un fiotto di se stesso. Culminando così nell’estasi autoretorica e autofagica la sua carriera di squartatore di donne e bambine.
(à suivre)
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