Finora abbiamo calcato più che altro sul pedale del negativo, illustrando le virtù dei due grandi tessitori del Male di inizio secolo: Mabuse e Fu Manchu. E questo sia indulgendo a una personalissima debolezza per figure a effetto, sia per obbedire a quel tanto di ombrosa nietzsche-filia che si cela in ogni narratore del crimine.
Sarebbe il caso di riequilibrare questo sbilancio chiamando in causa almeno un paio di eroi positivi, così per un minimo di senso etico e di rispetto della verità storica.
Perché non è vero che la cavalcata del male nel ’900 sia una specie di marcia trionfale delle potenze delle tenebre, che da Moriarty a Hitler non conosca ostacoli di sorta: i buoni invece ci sono, e come. Più o meno in quegli stessi anni si sparge per il mondo notizia di mirabili imprese anche di onestuomini, abili e coraggiosi, gente coriacea quanto gli aguzzini, che però sta dalla nostra parte. E non ci sta con quel tono dimesso, da impiegato statale, del questurino che verbalizza un furto con destrezza alla stazione, o dell’impennacchiato carabiniere delle tavole di Beltrame, troppo assorto nell’arginare la fuga di cavalli imbizzarriti per dedicarsi a fare argine al crimine montante. Quello con la C maiuscola, il racket che sta nascendo nei grandi centri urbani.
Ebbene no, anche noi buoni abbiamo i nostri angeli custodi, e questo grazie, per una volta, all’industria moderna e ai suoi princìpi di razionalizzazione e globalizzazione della produzione. Perché per farli vivere ci si sono messi in molti, di editori: americani, tedeschi e francesi, poi anche italiani, alla faccia delle rivalità culturali e geopolitiche. Parlo di quegli straordinari fascicoletti di cartaccia che a partire dalla fine dell’800 cominciano a invadere le edicole e riempiono di eroi le case degli onesti.
Due tra questi titaneggiano sugli altri: Nick Carter e Joe Petrosino.
Voglio qui subito esorcizzare la possibile accusa di irriverenza, per far giocare in coppia un personaggio verissimo, come il coriaceo italo-americano, protomartire della Mafia, e il cartaceo dandy yankee. Il primo costretto dal mestiere a circolare nei vicoli di Little Italy travestito da spazzino, e tutto assorto a pigliarsela con italiani extracomunitari rissosi e beceri, con la mania di impataccare mura e foglietti di manacce nere. Finito ahinoi malissimo in un vicolo buio di Palermo. L’altro dalla carriera lunghissima e fortunata, aureolata di successi e confortata dall’apprezzamento di belle donne, transitato presto nello showbusiness come personaggio radiofonico e cinematografico, fino all’ultima metempsicosi un po’ ingoffita nei fumetti di Bonvi.
A farla corta il nostro Petrosino ci arriva attraverso i fascicoli della Nerbini un po’ come i nostri emigrati che tornavano da Broccolino, con il sigarone e i calzoni a zompafosso. Insomma c’è un mistero: verrebbe da pensare che le sue storie siano state scritte da qualche teologo del melting pot, da qualche maniaco dell’integrazione a tutti i costi. E invece la faccenda è ancor più ambigua: perché di certo qui il vero Petrosino non c’entra quasi niente. Le storie che ci venivano rivendute erano state scritte in Germania, alcune da Kurt Matull, che a modo suo tira fuori un Petrosino sturm und drang, gotico, per esempio a caccia di satanisti tra le rovine di Pompei. Altre erano traduzioni riadattate di avventure di tutti altri tizi, magari di un certo Harry Dickson, clone sfacciato di Sherlock Holmes, uno che poi ha avuto anche lui un certo futuro, fino a finire nei fumetti à la Tintin con tutti i manierismi della ligne clair.
Insomma i tempi stanno per cambiare. Petrosino, quello vero, tristemente non li vedrà. Muore nel 1909, cercando da quel bravuomo che era di capirci qualcosa della mafia. Nick invece, con la solita fortuna degli americani, tirerà avanti benissimo per parecchi altri decenni ancora. Si sistemerà con una moglie e qualche amichetta, lavorerà un po’ per lo zio Sam a snidare agenti jap nascosti per il paese e, sembra, finirà a dirigere una sua scuola per Giovani Detectives.
E lì, nella quiete del New Jersey o del Vermont, avrà certo ripensato all’origine di tutta la valanga di tipacci, pervertiti, scienziati pazzi in cui si è imbattuto nella sua lunga carriera. La fonte di tutti i malanni e le stravaganze, la grande madre da cui succhiano tutti i narratori di storie nere. Ma ne parliamo la prossima volta.
(à suivre)
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID