Non so se la scrittrice napoletana Patrizia Rinaldi considera il suo nuovo romanzo Tre, numero imperfetto facente parte di una trilogia iniziata con Napoli-Pozzuoli. Uscita 14 (Flaccovio editore, 2007) e proseguita con Blanca (Flaccovio editore, 2009). Fatto sta che tutti i romanzi citati sono ambientati a Napoli e che sno presenti personaggi seriali. Il commissario Martusciello, il suo vice Liguori e la sovrintendete Blanca Occhiuzzi. Si tratta di personaggi singolari pur nel variegato mondo del poliziesco italiano. Martusciello è un commissario vecchio stampo, di estrazione popolare, ostinato nel risolvere i casi più che dotato di intuito, di quelli che consumano le suole delle scarpe per parlare con le persone, respirare le atmosfere che hanno portato a commettere i crimini, riflettere sulla soluzione. Liguori è un uomo colto, raffinato, sensibile e ricco. Lavora quindi per passione, non per lo stipendio del quale potrebbe sicuramente fare a meno. Blanca è diventata cieca a seguito di un incidente e ha fatto del suo deficit visivo un punto di forza: riesce a cogliere attraverso le sfumature della voce quelle dell’anima e a intuire il suo mondo interiore e le motivazioni dell’assassino. Un’altra particolarità dei romanzi di Patrizia Rinaldi, a mio giudizio particolarmente accentuata in quest’ultimo lavoro, risiede nel linguaggio: rarefatto, evocativo, a tratti poetico.
Alla soluzione del caso l’autrice accompagna i suoi lettori facendo appello a percezioni e sentimenti, non attraverso la logica. Siamo anni luce lontani da Sherlock Holmes, Agatha Christie e dal giallo a enigma. Finalmente, aggiungo.
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