Da Gianburrasca in avanti chi non ha desiderato essere un pirata? Me lo ricordo ancora quando, da bambino, raccoglievo le mie armi giocattolo, mi bardavo con un turbante (parlare di bandana era prematuro per i tempi) e partivo per fantastiche avventure il cui scenario era tutto nella mia mente. La fantasia galoppava ispirata da Sandokan, dal Corsaro Nero ma anche da altre suggestioni letterarie (L’isola del tesoro) e cinematografiche (Kidnapped. Il ragazzo rapito della Walt Disney rivisto in un curioso formato super 8, riassunto e privo di audio, ma sempre affascinante).
Forse ancora più del cowboy, inteso come eroe del West, il pirata ha sempre esercitato un fascino ineludibile sulla parte avventurosa dei ragazzi di ogni tempo. Forse era il richiamo del mare, della libertà (volevamo essere pirati refrattari a ogni autorità, non corsari autorizzati da un monarca, per tutte le spingarde!), magari quell’anarchia nei costumi che non obbligavano all’uniforme ma, anzi, esaltavano l’individualità, erano la chiave per capire questa fascinazione che ci prendeva un po’ tutti.
Io credo che il desiderio di essere pirati (e il piacere di seguire questo genere di avventure) nascesse dalla possibilità di ritrovarsi ribelli in un’epoca che restava indefinita tra galeoni, spade, cappe, moschetti, cannibali, isole deserte e fanciulle vestite di pizzo. La possibilità di vivere un’avventura fuori da ogni legame con il gusto di guardare in faccia il vento, di prendersi ciò che si desiderava con la spada in pugno senza considerarsi dei delinquenti. Un mondo che già era stato sfruttato dal cinema americano sin dai tempi del “Muto” e che, recentemente, è passato da scenari di Disneyworld alla pellicola con le avventure di capitan Sparrow.
Avventura per tutti. Si, ma nella mente di chi gestisce questo business e che quindi guarda al guadagno ma non conosce la sostanza, il mondo dei pirati è un mondo da bambini. Un’infanzia protratta da vendere con ninnoli e giochetti ma che, alla fine, è riservata ai semplici d’animo.
Adesso, senza voler togliere nulla al piacere di restare un po’ Peter Pan (e capitan Uncino... che era pur sempre un pirata) io non sono d’accordo.
L’avventura marinaresca con arrembaggi, tesori nascosti non esclude sfumature più adulte, sensualità e violenza. Curiosamente proposi a un editore, che pubblica anche romanzi di mare e di pirati, un libro di avventure su questo argomento, ma mi respinse con sufficienza perché quelle erano storie “da bambini”. Oltre a voler essere narratore di “genere” ero anche italiano...
Invece se guardiamo alla produzione presente sul mercato internazionale il pirata diventa eponimo di ribelle, di avventuriero per adulti. Certo il set è fantastico, evoca paradisi lontani, favolosi tesori, giungle ma le vicende a volte sono crude, realistiche. Storie di vendette, di tradimenti, di lotta per la sopravvivenza. Sempre meno vi appaiono fanciulli e quando questo succede la loro formazione attraversa sentieri impervi, poco legati alle tradizionali storie di formazione... educative.
Basti pensare al romanzo Uccelli da preda [Birds of Prey, 1997] di Wilbur Smith che resta forse uno dei migliori esempi di narrativa piratesca degli ultimi vent’anni, ai fumetti come Barracuda e le straordinarie avventure di Long John Silver immaginate come seguito dell’Isola del tesoro. La storia di pirati offre quindi un’occasione unica. Coniugare un universo favoloso dove sono pure ammesse alcune licenze poetiche a favore di una narrazione sempre più avvincente, con tematiche più adulte, nere e avventurose di cui sono protagonisti uomini e donne adulti, con problematiche e intrecci adatti a tutte le età.
Ne sono un esempio le storie di Corto Maltese e di Rasputin che, soprattutto nella Ballata del mare salato, sono pirati moderni ma reggono sulle spalle tutto il fardello dell’Avventura e dei suoi codici comportamentali che poi sono i più importanti in questo filone.
Sempre, su tutto, tira il vento della fantasia, della necessità di allontanarsi dalla propria esistenza per immergersi in orizzonti sterminati dai colori forti e vivere pienamente. Non è questo lo scopo della miglior narrativa popolare?
Pirati, della collana I Libri di Action, nasce in parte da un calcolo sbagliato e in (massima) parte dell’entusiasmo. Sul numero 3 della rivista ACTION compare un “Dossier Pirati” che ai tempi era ricchissimo... tanto che fummo costretti a decurtarlo e non di poco. L’argomento è vasto, affascinante, copre ogni epoca. E poi quest’anno cadono i 150 anni della nascita di Emilio Salgari che è stato se non l’unico il più amato (da generazioni di italiani) scrittore di epopee marinaresche e avventurose.
Così con gli amici che già avevano collaborato al dossier, è nata l’idea di creare un vero e proprio libro. Più scritto che illustrato ma traboccante di idee, di stimoli di lettura e di emozioni. A Salgari è dedicata una vasta parte di questo lavoro e abbiamo voluto includere anche la saga orientale, quella di Sandokan, per non privarci di nulla.
Sua è la sezione narrativa che ripropone un capitolo del Corsaro nero che riassume in sé tutta la saga. Un arrembaggio, naturalmente. E poi libri, fumetti, film, una carica scatenata di suggerimenti e percorsi di lettura e visione che, spero vi possano condurre sino a orizzonti ancor più lontani.
Ovviamente i pirati di ambiente caraibico non sono i soli ad aver acceso la fantasia di Salgari come il narratore veronese non è l’unico ad aver salpato per mari avventurosi. Parleremo quindi anche di altre epopee piratesche, di luoghi e tempi differenti scoprendo come le strade della fantasia si possano incrociare creando una mappa di emozioni, indispensabile per chiunque abbia cuore, anche in momenti di crisi come questo, di guardare oltre l’orizzonte e cercare un tesoro.
Questa è l’avventura. Questa è Action!
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