Conoscete il nome, conoscete il numero... che altro da dire sull’eroe di Ian Fleming arrivato alla ventitreesima avventura cinematografica, in uscita a ottobre?

Sul personaggio possono scrivere e parlare molti più esperti di me. Era inevitabile che avesse anche una produzione a fumetti e, giusto per smentire la leggenda che il successo di James Bond 007 sia solo un fenomeno cinematografico, abbiamo una messe di prodotti presenti sul mercato sin dagli anni ’50 che riservano anche qualche sorpresa.

        

Si comincia nel 1958, prima dei film quindi, ma con il successo dei libri in via di affermazione. Sono i giornali britannici come il Daily Express a proporre nel formato della striscia giornaliera l’adattamento dei romanzi di Fleming.

In un’edizione degli anni ’70 della Marvel Corno (Superfumetti in film dedicata a Roger Moore) venivano proposte due avventure in cui lo sceneggiatore figurava essere proprio lo scrittore scozzese. Da altra fonte invece apprendiamo che la sceneggiatura era un adattamento di Anthony Hearne. I disegni però erano di John McLusky che segna tutta la prima parte della produzione bondiana a fumetti. Un tratto spigoloso, un po’ retrò che ben illustra le sceneggiature un po’ didascaliche ma molto fedeli ai romanzi. Tra il 1958 e il 1966 vengono realizzate 14 avventure tra le quali mi piace ricordare Goldfinger sceneggiata da Peter O’Donnell di cui abbiamo ampiamente parlato a proposito del suo personaggio Modesty Blaise.

La serie si interrompe brevemente con la morte di Fleming. Le storie passano però anche su altri quotidiani inglesi come il Daily Star e il Sunday Express per essere poi ristampate in volume anche in Italia diverso tempo dopo.

Segue poi un periodo in cui il personaggio viene ripreso dall’ultimo romanzo L’uomo dalla pistola d’oro con una nuova coppia di artisti. Jim Lawrence alle sceneggiature e Yaroslav Horak ai disegni. Horak cambia stile, lo modernizza e nelle 33 avventure seguenti lavora su soggetti quasi tutti originali avendo terminato il materiale di riferimento di Fleming. Il tratto è più chiaro, arioso, moderno e le avventure sono meno didascaliche, addirittura più pop e seguono un po’ la moda degli anni. Tra tutte ricordo la missione contro Le Arpie (che sembrava un po’ un gruppo musicale...) con una banda solo di donne che colpisce con armi futuribili e con ali meccaniche.

Ci distacchiamo notevolmente sia dai romanzi che dai film per rientrare nella linea produttiva dei comics inglesi a strisce giornaliere dell’epoca, che spesso si avvicinavano a temi fantascientifici. Il risultato, però, non è affatto male.

             

A questo punto una sorpresa. L’edizione inglese si ferma con l’episodio Polestar che si conclude in maniera piuttosto affrettata. Ma in Scandinavia (Norvegia, Svezia e Finlandia) il pubblico continua a chiedere James Bond a fumetti. Per cui seguono altre 25 avventure scritte tra gli altri dallo sceneggiatore Jack Sutter che aveva lavorato anche per la Dinsey. In seguito alla serie dedicata al giovane James Bond tra il 1992 e il 1993 vengono pubblicate una serie di avventure a fumetti tratte dai cartoni animati televisivi. Purtroppo senza grande qualità né successo.

Insieme però al rilancio periodico della serie vengono realizzate delle graphic novels basate sui film. Pratica che proseguiva sin dal 1963 indipendentemente dalle altre linee sui quotidiani. La prima, Il dottor No, fu di Norman Nodel e ne seguì una nel 1981 per Solo per i tuoi occhi sceneggiata da Larry Hama e disegnata da Howard Chaykin, poi Octopussy nel 1993 a cura del team Marvel e sempre firmata da Sutter per una prima edizione finlandese, The Living Daylight (Zona pericolo) nel 1987 seguite poi Vendetta privata (License to Kill) e da GoldenEye nel 1996.

Ma non finisce qui perché in America Dark Horse lanciò una manciata di miniserie in tre o quattro puntate.

          

Qui veniamo alla mia preferita, Serpent’s Tooth di Doug Moench e Paul Gulacy che già abbiamo citato per le avventure spionistiche di Shang Chi. L’albo pubblicato anche in Italia da Hyperion e in seguito anche in un unico volume è una gioia per gli occhi. Il disegno di Gulacy sembra fatto per la spy avventurosa e se la trama nel finale strizza l’occhio un po’ troppo a Jurassik Park vi ritroviamo un Bond spumeggiante e atletico, una serie di bellezze mozzafiato, una bella trama e ottime sequenze marziali.

La storia è classica eppure originale, con un super cattivo Indigno affetto da una rara malattia che lo fa sembrare un rettile e un piano folle per distruggere il mondo e ripopolarlo con la razza eletta, che in qualche modo ricorda il film Moonraker.

Di fatto se la formula rimane molto fedele a se stessa le varianti sono infinite. Quello che manca ora è una nuova serie con una continuità soprattutto grafica e uno stile appetibile peri giovani lettori e... quelli che hanno amato 007 sin dalla nascita.