L’avventura, il mare, il pericolo, l’evasione, il coraggio, la meraviglia, l’“altro”. Per generazioni, sui banchi di scuola, nei corridoi grigi, nelle biblioteche di paese o di città, al sicuro sotto le coperte, le pagine di Emilio Salgari hanno fatto sognare, trepidare, viaggiare migliaia di ragazzi. Oggi, a centocinquant’anni dalla nascita del maestro indiscusso della letteratura d’avventura italiana, alcuni di quei ragazzi, un po’ cresciuti e diventati scrittori come il loro mito divorato tra l’infanzia e l’adolescenza, decidono di celebrarlo accettando la sfida di misurarsi con quei personaggi mai dimenticati, quelle esotiche, mirabolanti ambientazioni mai viste, eppure, dove si è stati tante volte. Sono quattordici, sono scrittori, sono entusiasti come bambini e un po’ incoscienti come allora. Sono, in ordine sparso, Carlo Lucarelli, Marco Malvaldi, Marcello Simoni, Alfredo Colitto, Wu Ming, Pino Cacucci, Sergio Altieri, Luca Di Fulvio, Marco Buticchi, Tullio Avoledo, Massimo Carlotto, Mino Milani, Simone Sarasso e Piero Colaprico.
“Coraggiosi tigrotti o fratelli della costa” – li chiama Luca Crovi, salgariano mai “guarito” che li ha radunati e ha curato l’antologia assieme a un altro fanatico della letteratura d’avventura, Claudio Gallo -, che al grido di “Saccaroaaaaaaaaa!!!” hanno omaggiato ben contenti capitan Salgari andando “all’arrembaggio di un immaginario che nel tempo avevano già saccheggiato e trasformandolo nel loro personale tesoro letterario”.
Cuore di tigre è il loro bottino. Attraverso generi letterari diversi come l’avventura, la fantascienza, il western, il noir, il racconto di formazione, “un omaggio sentito da parte di un gruppo di amici che ha avuto nel tempo un legame speciale con le storie di Emilio Salgari”, scrive ancora Crovi nell’appassionata introduzione al libro in cui racconta di un imbrunire furtivo nel Cimitero Monumentale di Verona, a portare una rosa sulla tomba di Salgari con Cacucci e Paco Ignacio Taibo II. “Ecco, questa antologia che avete tra le mani, è un po’ come quella rosa”.
Ma a guidare l’equipaggio tra mar delle Antille, pirati della Malesia e il mitico Sandokan, c’è sempre lui, Salgari, che apre la raccolta con il suo primo racconto, I Selvaggi della Papuasia: un inedito mai pubblicato autonomamente e apparso soltanto, in quattro puntate, sul giornale “La Valigia” dell’editore milanese Ferdinando Garbini, nell’estate del 1883. Lo presenta una lettera firmata dallo stesso Salgari e datata “Verona, lì 9 luglio ’83”, in cui il “Padre degli eroi” proponeva il racconto per la pubblicazione e scriveva così: “Sapendo quanto sia diffuso il di Lei giornale La Valigia, e come vengano avidamente lette le avventure di mare e di terra, io, giovanotto sconosciuto a Milano, ma di qualche nome a Verona, antico cadetto della marina mercantile, che ho viaggiato il mondo, assai studiato e assai provato, le mando questo mio scritto onde avesse, se lei lo credesse degno, di pubblicarlo sul citato giornale. Trattasi di un naufragio sulle coste della N. Guinea, [e di] commoventi episodi, abilmente descritti per quanto compete a un uomo di mare”. Buon viaggio…
“In caso qualcuno nutrisse dubbi, ancora oggi Emilio Salgari rimane la leggenda dell’intera narrativa italiana d’avventura”. Lo scrive Sergio Altieri, in arte Alan D. Altieri nella pagina “personale” che introduce il suo racconto, in cui delinea i nuovi misteri della Jungla Nera attraverso il personaggio di Suyodhana, appunto. Una pagina per raccontare il proprio rapporto, – passato e ancora presente -, con Salgari, che tutti i “tigrotti” coinvolti hanno redatto a mo’ di prefazione del testo letterario. Un aneddoto, una suggestione, un ricordo prima di prendere in mano la penna e far andare a vele spiegate l’immaginazione.
“Credo che quelle letture abbiano fatto di me uno scrittore felice”, riflette Tullio Avoledo che fa viaggiare nel tempo Yanez e Sandokan. Marco Buticchi, “venuto su a surrogato di cioccolata (perché non esisteva ancora la Nutella”) e romanzi di Emilio Salgari”, racconta che fine ha fatto il mitico tesoro di Sir James Brooks. Pino Cacucci, di quelli che “il primo libro non si dimentica mai” – e parla de Il Corsaro ero -, reinventa La capitana del Yucatan traslando un fatto storico nell’universo salgariano. Piero Colaprico narra l’ultima avventura del cacciatore di tigri Tremal Naik, “avremo tutti bisogno di un amico come lui: ma come facciamo a farlo respirare con noi?”, si domanda. Alfredo Colitto riporta in scena il Corsaro Nero in un’avventura inedita, “giocando con i personaggi come faceva da piccolo”. Luca Di Fulvio mette in campo una nonna partigiana, la Nenna, a cui fa raccontare la vera storia dell’avventuriero italiano che ispirò il personaggio di Yanez, Salgaroli. Carlo Lucarelli racconta il lato umano e positivo del Rajah di Sarawak. Marco Malvaldi ritrae i protagonisti de La scimitarra di giada mentre giocano a carte in una lurida locanda. Mino Milani e Massimo Carlotto si misurano con il western e le storie di Frontiera, il primo dando alle stampe l’ultimo racconto di Tommy River inventandosi la storia postuma di un personaggio ufficialmente morto; il secondo scrivendo il primo western della sua vita, una storia di Apache ispirata a una vera. Del resto, scrive Carlotto nella sua pagina personale, “l’obiettivo di Salgari era prendere un ragazzino da una casa di Padova e portarlo in giro per il mondo, dalla Malesia alle Antille, facendogli indossare i panni del pirata, del pioniere o addirittura dell’esule politico polacco in Siberia”.
Simone Sarasso riprende un romanzo salgariano, Le meraviglie del 2000, in cui si ipotizzava che dormendo si potesse andare nel futuro, e fa scampare al suicidio Salgari spedendolo nella nostra epoca accompagnato da Kabir Bedi. Marcello Simoni fa tornare a navigare la Folgore. I Wu Ming riportano in scena capitan Testa di Pietra durante le guerre anglo americane.
Cuore di tigre (Piemme, 2013) a cura di Luca Crovi e Claudio Gallo
pp. 336 - euro 16,50 - ISBN 978-88-566-2934-7
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