Ci eravamo lasciati in Giappone con il mondo violento della Yakuza e dei film e romanzi che l’hanno accompagnato. A questo punto del mio itinerario attraverso l’Asia dei sogni e delle avventure alimentate è impossibile non soffermarmi su un aspetto che ha assunto una qualità mitica, mescolando la realtà con la finzione in maniera quasi indissolubile. Si tratta del fenomeno delle Triadi, delle società segrete cinesi il cui nome originario era Hung Mun e che, in maniere differenti ha popolato il mio immaginario nel corso di moltissimi anni. Devo ammettere che, sino a pochissimo tempo fa, non ho mai avuto contatto diretto con membri delle Triadi ma, durante i viaggi e nei periodi di ricerca, ho cercato di leggere e vedere tutto ciò che era possibile sulla malavita cinese. L’avventura esotica è stata per me sinonimo di Hong Kong, di società segrete, di giunche con le vele ad ala di pipistrello, di Kung Fu e sparatorie.
Parte di tutto questo bagaglio di informazioni l’ho inserito in romanzi come Lacrime di Drago, Pista Cieca e L’ombra del Corvo, a volte è emerso in alcuni episodi del Professionista (Morire a Kowloon e Vivere nel buio più di ogni altro) e in altri racconti.
Al di fuori dell’esperienza diretta di cui avremo modo di parlare diffusamente, ho ricercato testi alla fonte, ossia nell’editoria di Hong Kong in lingua inglese. Tra tutti i testi consultati mi sentieri di suggerire quelli di Martin Booth (The Dragon Syndacate e The Triads) e di Gerald Posner (Warlords of Crime) ma anche la conoscenza approfondita del cinema di Hong Kong dalla fine degli anni ’90 a oggi mi è stato utile per cogliere mille particolari, aspetti che, al di fuori di vicende a volte sin troppo romanzate, mi hanno permesso di cogliere particolari e aspetti inediti. Prima di tutto sfatiamo un vecchio mito. Anche al di fuori di Hong Kong le società segrete sono sempre esistite nella storia del Regno di Mezzo. Se ne parla persino ai tempi dell’imperatore Huangdi, ossia quasi 250 prima di Cristo e la storia ci presenta un gran numero di rivolte ed episodi sediziosi legati alle Triadi nei secoli passati, sia nella Cina continentale che in ogni altro luogo i cinesi si siano stabiliti. Mickey Rourke, protagonista di L’anno del Dragone di Michael Cimino diceva a uno scettico collega newyorkese: “La Mafia non l’anno inventata i siciliani, sono stati i cinesi.” Probabilmente è vero anche se le associazioni segrete cinesi, inizialmente non avevano finalità espressamente criminali ma patriottiche.
È un atteggiamento tipicamente cinese, quello di reagire ai soprusi delle autorità riunendosi in associazioni occulte.
Pur vero è che anche la Mafia nacque con finalità patriottiche, tanto che, se vogliamo escludere alcune etimologie di ispirazione araba MAFIA significava Morte Alla Francia Italia Anela. Tornando in Oriente l’Hung Mun, la Triade originale, era rappresentata da un triangolo isoscele i cui lati richiamavano il concetto di Uomo, Cielo e Terra, tripartizione comunissima secondo le filosofie e le usanze orientali, tanto che nelle isole Ryukyu, a metà tra Cina e Giappone, s’insegnava l’uso del Bo - il bastone lungo- suddividendone la presa in tre ten, gi e chi: terra, uomo e cielo, appunto. In tutta la mitologia e il simbolismo delle Triadi - anche se oggi i rituali si sono abbreviati e gran parte delle storie dei vecchi tempi sono ignorate dai semplici affiliati - il numero 3 riveste un’importanza capitale. I nomi dei capi non sono mai espressi se non con colorite metafore o numeri multipli di tre.
Un boss è un Testa di Drago o un Capo della Collina ma anche un 489 e un Palo Rosso, un luogotenente incaricato di tenere la disciplina e organizzare atti di violenza è indicato come un 426. Allo stesso modo un Uomo-scure o meglio un “Cavallo” cioè un picchiatore si presenterà in un bar a chiedere il pizzo (la “busta rossa per il tè” come viene chiamata con un eufemismo) posando sul tavolo la mano con il pollice, l’indice e il mignolo tesi e il medio e l’anulare ripiegati.
E 36 sono i giuramenti per essere accettati nella società proprio come 36 erano le famose camere di Shaolin.
E proprio da Shaolin, forse non quello originale ma uno dei tanti monasteri dove s’insegnavano il buddismo c’han e le arti marziali insieme ai principi di lealtà patriottica alla stirpe Han, che partì sul finire del 1600 una sanguinosa ribellione contro la dinastia Qing, i Manchu venuti dal nord. Non era la prima rivolta ma fu proprio da quell’episodio generato dalla sedizione promossa da 128 monaci guerrieri che nacque il famoso detto “Distruggere i Qing e restaurare i Ming” diventato poi lo slogan delle Triadi sino alla rivoluzione del 1911. Ovviamente gli eserciti manchu erano più numerosi e meglio armati dei monaci e dei loro adepti, il monastero (che alcune leggende vogliono situato a Foochow, non quindi nella più settentrionale provincia di Henan dove oggi è ospitato il tempio originale) fu raso al suolo.
Si salvarono solo cinque monaci e una suora (la mitica Wing Tsun) che si divisero viaggiando per il regno di mezzo grazie alle Giunche Rosse degli artisti dell’opera per diffondere il Kung Fu ma anche l’ideale della rivoluzione. Vera o meno la leggenda fu seguita da una massiccia divulgazione degli stili Shaolin e dei gruppi segreti votati alla rivolta contro la dinastia mancese.
La dinastia Qing (1664-1911) fu teatro di molti cambiamenti nel Regno di Mezzo, alcuni dei quali videro indirettamente coinvolte le Triadi e non sempre contro il governo centrale. Fu il caso della rivolta dei Taiping, una setta guerriera di ispirazione cristiana, che causò agli inizi dell’800 forse l’ondata di xenofobia più sanguinosa della storia cinese e sancì la chiusura politica e commerciale della Cina verso il resto dell’Occidente. Chiusura relativamente breve in quanto i fatti già narrati della Guerra dell’Oppio non solo diedero origine a Hong Kong come centro commerciale alla foce del Fiume delle Perle - e quindi a tutta la Cina del Sud - ma anche ai vari quartieri delle legazioni nelle città sancite dai trattati via via stipulati negli anni successivi al primo conflitto dell’oppio. A quel tempo le Triadi di Fochoow (o Fukien) erano già saldamente inserite nel sostrato sociale di Hong Kong ma avevano iniziato a comprendere che, per sostenere la lotta politica, erano necessari fondi. E quale migliore fonte di approvvigionamento dell’intermediazione nel traffico d’oppio? Da qui cominciano le vessazioni ai locali, il controllo della prostituzione, il gioco d’azzardo e ogni altra attività illecita e lucrativa.
Le Triadi come la Sun Yee Oh e il Loto Bianco cominciano una trasformazione che le porterà da associazioni patriottiche a vere e proprie organizzazioni criminali.
Nel frattempo gli anni 50-60 del diciannovesimo secolo vedono una grande migrazione verso il paese della Montagna d’Oro, la California.
Qui si stabiliscono comunità cinesi presto impiegate e sfruttate nella costruzione delle ferrovie. Sulle prime il permesso è accordato solo ai lavoratori maschi, i coolie, che vanno a scavare gallerie con la dinamite nelle montagne rocciose, poi nasce un infame tratta delle donne attirate con contratti capestro che le rendono schiave di bordelli e fumerie su tutta la costa occidentale. Nasce la Costa dei Barbari con le sue Chinatown chiuse e pericolose, le fumerie dove di “cavalca il drago” diffuse sino a Tombstone nel territorio dell’Arizona e, naturalmente i cinesi decidono di riunirsi per difendersi dai diavoli stranieri. Ispirandosi alle Triadi originarie creano dei gruppi chiamati Tong che può significare sia “tenaglia” che “municipio” organizzazioni criminali lecitamente riconosciute dalle autorità bianche che trovano comodissimo che ci siano dei cinesi ad occuparsi degli affari sporchi come la tratta degli s
chiavi – perché tali erano i poveretti costretti a ripagare con una vita di lavoro il passaggio da una parte all’altra dell’oceano - e l’amministrazione della giustizia.
E la tradizionale rivalità tra Triadi e Manchu sembra persino affievolirsi quando, ai primi del ‘900 l’imperatrice vedova Cixi organizza con l’aiuto del generale Tung, Capo della Collina della società dei Giovani Pugni Armoniosi, i Boxer, la rivolta contro gli stranieri. Fanatici praticanti di Kung Fu, animati egualmente da spirito di rivalsa, patriottismo e desiderio di mettere le mani sulle finanze di uno stato ormai giunto a limiti insopportabili di corruzione, i Boxer diedero vita all’assedio di Beijing. 55 giorni chiusi dalle cannonate delle alleanze occidentali tra le quali figuravano l’Italia, l’America, ma soprattutto, il Giappone. Questo aveva ben altre mire e, con la caduta dell’impero e la nascita di una repubblica presto divisa tra i signori della guerra si preparava a sferrare un micidiale assalto all’Asia dalla Manchuria. Ci sarebbero voluti anni, naturalmente e, in quel lasso di tempo il presidente Sun Yat Sen fu costretto a venire a patti con un giovane e abile signore della guerra del nord, il generale Chiang Kai–Shek che gli succederà creando il Kuomintang, il partito nazionalista, ferocemente avverso a comunisti e giapponesi.
Chiang però vantava amicizie influenti all’interno della Banda Verde, Tu Yue Zhang che a Shanghai controllava case da gioco, bordelli di lusso, traffico d’oppio e pedofilia.
Tu “Grosse Orecchie” era un duro. In passato aveva sconfitto la Banda Blu valendosi dell’appoggio di Charlie Soong, Capo della Collina della Banda Rossa. Grazie ai soldi di Charlie Soong, Tu finanziò il Kuomintang aiutando Chiang Kai-Shek a insediarsi al nord e a decimare con brutalità i comunisti di Mao che si erano insediati nel sobborgo di Pudong, presso il mercato della frutta, finanziati dal Komintern russo. In cambio chiese però di diventare padrone assoluto della città. Il Bund, in particolare la legazione Francese, divenne il suo territorio inviolabile, Charlie Soong fu eliminato e, grazie a una dilagante corruzione tra le forze di polizia la famiglia Zhang acquisì il monopolio sul traffico dell’oppio che entrava in Cina, stabilendo anche stretti legami con le famiglie mafiose di New York e San Francisco che, autorizzate dai servizi segreti americani, fornivano materiale bellico e attrezzature meccaniche al Kuomintang.
Tempi folli, tempi di violenza raccontati in alcuni dei film più suggestivi dell’epoca d’oro del cinema di Hong Kong, quasi sessanta anni dopo. Shanghai Grand di Pon Man Kit interpretato dal divo Andy Lau che qui sfoggia un’incredibile rassomiglianza con Clarke Gable e Gunmen di Kirk Wong, forse il regista che più di tutti ha saputo raccontare la storia vera delle Triadi a Shanghai e a Hong Kong senza cadere nella spettacolarità fine a se stessa. Entrambi prodotti da Tsui Hark sono trai migliori film sull’epopea delle Triadi negli anni ’30 a Shanghai.
1-continua
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID