Deve essere ancora là dentro, nell’edificio avvolto dalle fiamme.
Senza la minima esitazione, Kira comincia a correre verso l’orfanotrofio incendiato. Le fiamme formano come un cerchio magmatico intorno a un anello di oscurità: l’attirano e la sfidano, più che farle paura.
Ma anche la paura fa parte del gioco. È cresciuta in un circo ed è stata acrobata e trapezista. Agli inizi della carriera di attrice ha interpretato film di montagna, scalando vette, superando abissi e lasciandosi seppellire da valanghe. La neve e il fuoco, il caldo e il freddo non sono che gli estremi di un unico elemento.
Kira salta nel cerchio di fuoco.
Nell’attimo in cui è sospesa nell’aria non vede che rosso e non sa dove atterrerà. Potrebbe essere inghiottita dalle fiamme, e non le importa.
- Non è niente - mormora a fior di labbra.
Si ritrova nell’atrio dell’istituto, interamente divorato dal fuoco. La temperatura elevatissima l’avvolge come un sudario incandescente. Fra l’atrio e il corridoio che conduce al dormitorio, le fiamme divampano altissime.
Aggrappandosi a un brandello di tendaggio penzolante come se fosse una liana, Kira attraversa il rosso veloce come una freccia.
Il corridoio è una galleria di fuoco.
Kira corre, corre, corre. Se si fermasse, comincerebbe a bruciare. Comincerebbe ad avvertire l’ustione sulla pelle.
Con i polmoni pieni di fumo, arriva nel dormitorio.
Un refolo d’aria, che respira avidamente.
Tossendo, Kira si getta sul pavimento. Guarda sotto i letti, negli armadi, in tutti gli angoli dello stanzone.
Non trova il bambino.
Quando si rialza, si trova di fronte una donna, invece.
La fitta cortina di fumo gliel’aveva tenuta celata, e allo stesso modo aveva nascosto lei alla donna.
È biondissima, con gli occhi cerulei, non brutta ma sciupata da una vita di stenti, pallida e scarmigliata. E incinta. A causa dell’eccessiva magrezza, un rigonfiamento del ventre denuncia che deve essere entrata nel quinto mese di gravidanza.
All’improvviso, gridando, la donna l’attacca, cercando di cacciarle le unghie negli occhi.
Kira le blocca i polsi.
- I miei bambini! - grida la donna in polacco. - Ridammi i miei bambini!
Deve essere una prostituta del vicino villaggio. Malgrado i lineamenti alterati dalla collera e dalla paura, a Kira pare che somigli a Vaslav. Una puttana che ha rifornito l’orfanotrofio di piccoli bastardi, con il prossimo già in viaggio. Certo. Ma vedendo l’incendio da lontano si è ricordata di essere madre e ora sta rischiando la vita per salvare i suoi figli.
Pertanto merita rispetto.
Kira la stringe, mentre lei piange e si dibatte.
Intanto le travature del dormitorio, raggiunte dal fuoco, stanno per cedere.
L’intero edificio sta per crollare intorno a loro come un castello di carte.
Kira schiaffeggia con violenza la donna.
- Non accadrà niente di male ai tuoi bambini! - le grida. - Dobbiamo uscire di qui, seguimi!
Forse per la percossa, o per l’autorità naturale di Kira, o perché convinta che la sconosciuta sia dalla sua parte, la donna cambia atteggiamento, e diventa docile come un cagnolino.
Kira la trascina verso una finestra che la donna stessa deve aver sfondato per entrare.
Saltano fuori un istante prima che una trave si abbatta su di loro.
Fuori, fra gli alberi in fiamme della vicina foresta, a cui l’incendio si sta propagando.
Corrono, sferzate dai rami, lontano dal fuoco, nel buio, verso la luna che si intravede fra i tronchi scuri.
Arrivano in una radura verde illuminata da una luce opalina e dolce. Ansante, la donna si lascia cadere sull’erba tenera.
In quel preciso istante, il piede di Kira finisce in un laccio per animali.
La trappola scatta. Il laccio si serra intorno alla sua caviglia e la strappa via dal suolo. Il mondo le si capovolge addosso, e le scorre velocissimo davanti agli occhi: la donna a terra, affranta e sbigottita, e dai cespugli e da dietro i tronchi neri ombre, presenze altrettanto nere.
Kira è appesa a testa in giù a un alto ed elastico ramo. L’oscillazione le fa descrivere un ampio semicerchio; batte duramente la fronte contro la corteccia di un albero.
È stordita; perde conoscenza per qualche istante; lotta per riprendere il controllo di sé.
Attraverso la nebbia luminosa davanti ai suoi occhi vede uomini neri. Non come le SS: questi sono interamente neri. Portano una specie di sacco sulla testa, come quelli degli antichi penitenti. Ma più che vestiti e incappucciati di nero, sembrano intessuti di tenebra.
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