Non sarà un capolavoro, questo no, ma Safe House –Nessuno è al sicuro dello svedese Daniel Espinosa non è neanche quel thriller incrociato con l’action che metti da parte non appena hai finito di vederlo. Tre cardini, magari sempre i soliti ma tant’è: Tobin Frost (Denzel Washington), ex agente CIA contro tutto e tutti, Matt Weston (Ryan Reynolds), CIA pure lui ma giovane e smanioso della prova del fuoco, e per finire un gruppo ben nutrito di cattivi ramificato assai…
Il tentativo, riuscito, da parte dei cattivi di “esfiltrare” Frost dalla safe house (un anonimo appartamento dove “ospitare” prigionieri importanti per la sicurezza nazionale…) la cui responsabilità ricade su Weston, dà inizio alla sarabanda.
Un lungo inseguimento in auto per le vie di Città del Capo che figura tra i migliori degli ultimi anni, sparatorie e inseguimenti magari un po’ più convenzionali ma girati in modo quasi ossessivo en plein air, ma soprattutto, ed è questa la cosa che più pregnante, la collisione tra l’incanto della recluta e il disincanto del veterano. Tanto più il primo anela il battesimo del sangue e l’odore di napalm al mattino, quanto più il secondo non ne può più e non vede l’ora di andarsene da questa valle di lacrime.
Quando il primo poi alla fine annuserà l’odore del sangue, si accorgerà che non era poi così bello come si aspettava, il tutto sotto lo sguardo sempre più disincantato del secondo che altro non potrà fare che osservare l’ennesima innocenza perduta dietro il bel sogno americano stavolta nella sua variante “non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi ma cosa potete fare voi per il vostro paese"", sogno che è risaputo, è un bel pezzo che non c’è più.
Finale adagiato su I tre giorni del Condor.
Che ci crediate o meno, da vedere…
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