Di Pupo…
Sono un lettore onnivoro. Leggo di tutto senza paura e senza vergogna. Con il libro di Corona mi era andata bene. Solo un attimo di sbandamento a fine lettura e la mogliera pronta a tenermi in piedi. Non sarei certo morto per il libro La confessione di Enzo Ghinazzi, Rizzoli 2012.
Tra l’altro fascetta gialla invitante del grande Mogol “Anche con la penna in mano Pupo resta geniale”. Ho fatto uno sforzo cercando di ricordare in quale altra attività abbia espresso il suo genio ma con gli anni la memoria tradisce. Copertina passabile, devo dire, in quarta la faccia di Pupo da intellettuale della madonna con barba e baffi trascurati, provvista di occhiali su camicia nera slacciata che mi ha fatto un certo effetto. Tipo, o stai a vedere che…
Ho visto. Storia di Enrico Bertini, in arte Chico, che è poi la storia stessa di Enrico Ghinazzi, in arte Pupo, confessata ad un prete. Da una parte il racconto e dall’altra le indagini del commissario Oscar Borrani, dato che il nostro Chico è stato ucciso in un lussuoso albergo di Sanremo alla vigilia del grande Festival della canzone italiana con un colpo di pistola al volto.
Confessione sincera, istintiva, la sua morte già presagita dai tarocchi. Miserie di un uomo che ha giocato d’azzardo, tradito le donne, ingannato gli amici, mentito a tutti. Sposato con la moglie Laura e nello stesso tempo in relazione con l’amante Florence, moglie del suo più caro amico, consapevoli entrambe di questa situazione. Unica figlia Luce schiva, solitaria, in preda ad una crisi profonda. Insieme al lato personale una critica spietata al mondo dello spettacolo, ai salotti televisivi, alla corruzione, alle false amicizie e insomma non si salva nessuno.
Le indagini sono condotte, dicevo, dal commissario Borrani, stazza imponente, poco simpatico, linguaggio diretto, a volte scurrile, impulsivo, dotato di una psicologia spicciola. Lasciato dalla moglie e dunque tutte le donne puttane. Ricordi della morte di un suo caro amico. Il solito sottoposto a prendere le sberle, tipo “Fattori, vai a cagare!”.
Alcuni elementi dell’aspetto “giallo” della vicenda: manca la pistola del delitto, ci sono dei sospettati come Angelo Rosai che aveva negato a Chico la conduzione di un programma televisivo, uno strozzino che ora rivuole i soldi prestati, il marito di Florence ancora imbestialito. Aggiungo il testamento del morto ammazzato e la lite fra le due donne, un‘altra donna importante conosciuta in America, Assunta, assassina per vendicare suo marito. Finale a sorpresa (già conosciuto) piuttosto forzato nella sua esagerazione, parte più vera e sentita quella dedicata alla figlia.
Praticamente uno sfogo personale con incorporato senso di colpa, l’andamento della parte “giallistica” banale e risaputo. Libro di struttura e scrittura ingenuamente mediocre che si aggiunge ai millanta libri mediocri in circolazione. Questo è il tributo che si deve pagare alla democrazia, giusta e sacrosanta, dello scrivere.
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