Esordisco subito anticipandovi che se comincerete questo libro, difficilmente riuscirete a staccarvi. E vi spiego perché. Innanzitutto la voce de La luce naturale della morte (Elliot, 2012) è distintiva dell’autrice, Elizabeth Hand, e lo confermerà chi ha già letto il precedente Non credere ai tuoi occhi: una voce peculiare, mai prevedibile, l’azione scorre tra picchi descrittivi essenziali ma fortissimi e una lirica pop con passaggi emozionali sciolti in fugaci pugnalate.
La storia avvince: Cass Neary, già protagonista del precedente Generation Loss (il Non credere ai tuoi occhi citato sopra, uscito in lingua originale nel 2007, edito in Italia sempre da Elliot), è una stangona di un metro e ottanta non certo giovanissima: un fascio di nervi fusi dallo speed e da altre droghe e una chioma arruffata biondo cenere. Dotata di quella sessualità un po’ confusa propria dei disperati o di chi disdegna le etichette, si porta dietro una boccia di alcol da sorseggiare all’occorrenza, il cui contenuto alterna con Focalin e pastiglie di Vicodin. Già all’inizio del romanzo si trova nei guai e pensando di scansarli accetta una strana proposta di lavoro: Anton, un collezionista finlandese la richiede come consulente per testare l’autenticità di alcune foto d’arte, e lei parte immediatamente dal Maine a Helsinki. Non è una caso che la proposta sia stata indirizzata proprio a lei: è autrice di un libro fotografico cult, Ragazze morte, il cui titolo è esplicativo. La consulenza richiesta concerne foto molto particolari: nordiche, spesso stagliate su un paesaggio di neve, tagliate da una luce magistrale, immortalano il memento mori del soggetto. All’inizio Cass pensa che i casi siano due: o, grazie a delle soffiate, il fotografo arrivava sul luogo di morte con un tempismo perfetto o era lui il killer. Mentre attorno a lei aleggiano le atmosfere delle leggende nordiche, Cass si fa trascinare dalla bellezza inquietante di queste immagini:
«Sotto la crosta ghiacciata di un qualche lago nordico, sacche e bolle d’aria formavano una costellazione scintillante tra i capelli biondi di un uomo. Aveva gli occhi sbarrati e la bocca aperta, come nel mezzo di uno sbadiglio. La fotografia era stata scattata di notte, con un tempo di esposizione particolarmente lungo, sotto una luna così splendente da assomigliare a una lampada alogena in un cielo rigato di stelle».
Col proseguire della vicenda, la questione si complica, anche perché nuove morti inaspettate rimescolano le carte in gioco, Cass vola verso Reykjavík e qui l’attenderà una nuova sorpresa. Una lettura consigliatissima, con interessanti e brevi incisi sull’arte fotografia e le leggende nordiche: questa bionda scrittrice classe 1957, cresciuta a New York, con una preparazione drammaturgica e antropologica, ha scritto diversi romanzi e anche movie e spin-offs - ha collaborato ad esempio con Star Wars e X-Files – merita senz’altro di essere menzionata tra le scrittrici di thriller più avvincenti.
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