Il cinema iraniano ci ha abituato a film dai tempi dilatati in cui si mostrano situazioni al limite per studiare la reazione dei vari tipi umani, e questo The Hunter non fa differenza.

Scritto, diretto e interpretato da Rafi Pitts - originario di Mashhad, capitale di quel Khorasan così ricco di storia millenaria - racconta la storia di un uomo che coglie quella famosa “seconda occasione” che centinaia di film statunitensi ci hanno propinato come fra le cose più importanti della vita.

 

Ali è un ex galeotto che, saputo dalla moglie di star per diventare padre, ha messo la testa a posto e, trovato un impiego da guardiano notturno, vive solitario la sua vita per dare un tetto sulla testa della sua bambina. Unico suo hobby è quello di andare a caccia, ed è proprio al ritorno da una caccia che si accorge che qualcosa non va: trova infatti la casa vuota.

Non avendo più notizie della moglie e della figlia, comincia una sofferente trafila per cercare informazioni, fino ad una kafkiana giornata passata alla centrale di polizia, che si conclude con una notizia terribile: già da qualche giorno la polizia è informata che sua moglie è stata uccisa durante uno scontro di piazza. (Non si sa se uccisa dai dimostranti o dai poliziotti.)

Ogni tentativo di ritrovare sua figlia - di cui si è persa ogni traccia - è del tutto vano, ed Ali crolla: durante un pomeriggio di caccia, gira l’arma e fa fuoco su una volante di polizia che passa nelle vicinanze.

 

The Hunter è la discesa agli inferi di un uomo ma anche la disperazione di un Paese che si vede con le spalle al muro e che quindi può prendere decisioni esasperate.

Lo sguardo di Pitts è onesto e oggettivo: il protagonista è trattato bene da ogni poliziotto e il messaggio del film è proprio che le divise non contano nulla, che ciò che vale è nel cuore delle persone.

Così come c’è il poliziotto corrotto e il poliziotto umano, così ci sono persone che vivono e persone che uccidono: ma di sicuro il terribile finale non può davvero considerarsi ottimista.

Un film duro e spietato, di sicuro lontano dagli schemi dei blockbuster che ci arrivano dall’Occidente ma proprio grazie a questa diversità - in un periodo storico in cui si fa un gran parlare di rispetto per le diversità - andrebbe gustata ed apprezzata fino in fondo.