Pubblicato in Portogallo, paese in cui vive l’autore Richard Zimler - newyorchese di origine, trasferito lì dal 1990 - poi tradotto in Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda e Sudafrica, il romanzo Gli anagrammi di Varsavia viene ora lanciato in Italia da Piemme nella collana Linea Rossa, con l’ottima traduzione di Margherita Crepax. Si tratta di un thriller storico ambientato negli anni bui delle persecuzioni naziste, una storia intensa narrata in prima persona dal protagonista Erik Benjamin Cohen. Lui conosce bene la sua città, ne conosce piazze, scorciatoie e vicoli come se ne avesse iscritta sui piedi la mappa. Per questo non gli è difficile tornare in quella che era stata la sua casa di Varsavia, laddove abitava quando, nel 1941, il cadavere del nipotino Adam era stato ritrovato incastrato nel filo spinato che separava il ghetto dal mondo esterno. Uno spettacolo raccapricciante, tanto più che Adam aveva solo nove anni: era nudo, con la gamba destra amputata sotto il ginocchio.
Ma da allora ne è passato, di tempo. Già, perché il romanzo comincia che Erik torna in quella casa ma ci torna sotto diverse spoglie: non è più l’ex psichiatra in pensione in carne ed ossa, ma la materia si è dissolta, lui è puro spirito e il caso vuole che, mentre su un terrazzo vicino si gode la bellezza dei tetti e delle guglie di Varsavia, un uomo malridotto riesca a vederlo.
«Ma allora... lei mi vede davvero?» ho balbettato.
La faccia dell’uomo si è fatta più distesa. «Perfettamente. Anche se i suoi contorni sono un po’...» Ha mosso una mano con piccolo scatto e ha inclinato la testa incuriosito. «Non sono ben delineati... Sono indistinti».
«E non ha paura di me?» ho chiesto.
«Oh no, ho già avuto delle visioni. E poi lei parla yiddish. Perché mai un ibbur ebreo dovrebbe farmi del male?»
«Un ibbur?»
«Uno come lei, uno che torna da oltre i confini del mondo»
Così Erik comincia a raccontare la sua vicenda, che parte col racconto della vita difficile dentro al ghetto, una vita strascicata tra proibizioni e precarietà:
«In quella prima settimana uscivamo in strada come relitti a guardare il perimetro di mattoni e filo spinato che ci richiudeva come personaggi di un racconto di Kafka. Ci eravamo trasformati in quattrocentomila emarginati, segregati nella nostra stessa città come in un recinto per
animali».
La storia, quella terribile del quotidiano, si mescola al mistero dei ragazzini morti. Non c’è solo Adam tra le vittime: una ragazzina di quindici anni viene trovata sempre nel filo spinato senza mano destra. Risalire al colpevole non è facile, tanto più quando le condizioni di vita abiette impongono di concentrarsi sulla sopravvivenza. Ma i sensi di colpa tormentano Erik, che inizia un’indagine personale. Grazie agli indizi rinvenuti addosso ai cadaveri e agli anagrammi, l’ex psichiatra scoprirà loschi traffici di contrabbandieri e collaborazionisti e si metterà sulle tracce di un medico nazista per cui gli ebrei altro non sono che carne da macello e da esperimenti scientifici. Allora il senso di colpa si mescolerà alla sete di vendetta diventando un detonatore impossibile da contenere, alla ricerca di un ristabilimento degli equilibri, una giustizia che non può sussistere se scissa dalla memoria. Perché quello che è accaduto non può essere dimenticato.
Pubblicato prima in Portogallo per i tipi di Oceanos, dove Richard Zimler, newyorchese di nascita e già autore bestseller tradotto in oltre 20 lingue (fra gli altri Il cabalista di Lisbona, Book of the Year 1998 in Gran Bretagna) vive ormai da anni, Gli anagrammi di Varsavia è immediatamente diventato un bestseller mentre Ler, la più importante rivista letteraria portoghese lo nominava libro dell’anno e il quotidiano Público lo selezionava niente meno che tra i venti migliori libri del decennio 2000-2009. Nominato Book of the Year sempre in Portogallo vincendo il Marquis de Ouro nel 2010, “questo ottavo romanzo di Zimler, che raggiunge il cuore dell’Olocausto stesso”, come scrive The Indipendent, è uscito poi negli Stati Uniti e in Canada per i tipi della Overlook Press a luglio del 2011
L’autore è a New York nel 1956, ha conseguito un master in Giornalismo alla Stanford University. Dopo aver lavorato qualche anno come free lance, nel 1990 si è trasferito in Portogallo, dove ha insegnato Giornalismo per sedici anni all’Università di Porto, città dove vive tuttora. Firma articoli per il Los Angeles Times e il San Francisco Chronicle. Omosessuale, è molto attivo sul fronte dei diritti civili. Ha scritto romanzi (Il cabalista di Lisbona, Guardian of the Dawn, The Seventh Gate) raccolte di racconti e libri per bambini. Autore di bestseller, è tradotto in più di 20 lingue e ha vinto numerosi premi letterari a livello internazionale.
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