Chi è la Talpa infiltrata dai sovietici fin negli alti livelli dell’intelligence inglese (“Il Circus”)…, ma soprattutto riuscirà l’agente che risponde al nome di George Smiley, prima allontanato poi precipitosamente richiamato in servizio a scovarla prima che i danni diventino irreparabili?
Entrambe le domande avranno la dovuta risposta, e fin qui nulla di strano, ma ciò che rende stupefacente questo La talpa di Tomas Alfredson (Lasciami entrare) dal best seller di John Le Carré, è la ferrea capacità di blindare all’interno di un perimetro d’acciaio la vicenda stessa che racconta, quelle cioè di un’indagine di una spia su altre spie, di un mondo, fatto di spie, su un mondo fatto anche questo di spie, insomma qualcosa che ha molto a che fare con l’autoreferenzialità senza che ciò provochi il benché minimo spaesamento o senso di esclusione tra chi siede al di qua dello schermo.
L’effetto è quello di una totale immersione nel racconto fino a sentirsene parte integrante fermo restando questo granitico perimetro che mentre circoscrive i rapporti tra i personaggi alternando luoghi, battute, accuse, insinuazioni, silenzi, esecuzioni, corteggiamenti, tradimenti, è altresì capace di lasciare uno spazio inusitato alle emozioni che scorrono a fior di pelle e che sempre a fior di pelle finiscono con il manifestare il loro effetto (quante lacrime rigano il volto dei protagonisti…).
La talpa è un “film di spie” molto classico e come non si vedeva da tempo, costellato di scene che si stampano nella memoria a futura della stessa (il personale riunito per i festeggiamenti del Natale intona l’inno nazionale russo dimostrando di conoscerlo molto bene, una vespa importuna i passeggeri di un auto tra i quali figura anche Smiley la cui flemma nel liberarsi del fastidioso insetto è da manuale), dove persino l’unica scena che rischia di apparire banale, quella dove sempre Smiley (Gary Oldman) si sottopone ad una visita oculistica (per indagare bene occorre vedere bene, si direbbe…) se non ci fosse stata ce la saremmo inventata…
Finale velocissimo (le carriere vanno e vengono, è cosa arcinota…) e tanto per cambiare magnifico come il resto, magnifico come lo sguardo beffardo che Smiley/Oldman rivolge alla macchina, a voler dire: “Allora? Come è andata? Piaciuto lo spettacolo?”.
Sì, molto...
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