Il film Piramide di paura è ambientata nella Londra del 1870, dove il giovanissimo Watson, si reca per studiare medicina.
Nel college che frequenta, fa amicizia con l’altrettanto giovane Sherlock Holmes, già esperto chimico e ottimo schermitore, oltre che fine osservatore e dotato di una grande cultura umanistica.
I due amici, insieme alla bella Elizabeth, di cui Sherlock è innamorato indagano su una catena di inspiegabili omicidi.
Le vittime, due professori e un reverendo tutti del college frequentato dai due amici, come si scoprirà nel corso del film, si sono suicidate in preda ad atroci visioni.
I colpevoli delle inspiegabili morti, sono gli adepti del Ra-Ma-Tep, un’antichissima setta egiziana il cui tempio millenario è stato profanato dagli inglesi e ora segretamente ricostruito nel sottosuolo della metropoli.
Il film, sceneggiato da quel Chris Columbus autore di Gremlins e I Goonies e regista del film Harry Potter e la pietra filosofale e prodotto dalla Amblin di Spielberg è stato realizzato interamente in Inghilterra.
I sofisticati effetti speciali (animazione e computer - graphics), invece, sono stati realizzati dallo staff della Industriai Light & Magic di George Lucas, l’industria americana ormai da molti anni leader in questo campo e anche il regista del film Barry Levinson, è un nome di grande risonanza nel panorama cinematografico americano.
Tornando al film, una cosa che bisogna aggiungere su Piramide di paura, è che in questo lungometraggio otteniamo una figura Holmsiana molto cinematografica ma poco conforme a quello che ci dice di lui Conan Doyle.
Nel secondo capitolo La scienza della deduzione del primo romanzo in cui appare il personaggio del famoso detective, Uno studio in rosso, infatti, Watson, che narra le sue imprese dice di lui: "[…]La sua ignoranza era notevole quanto la sua cultura. In fatto di letteratura contemporanea, di filosofia e di politica, sembrava che Holmes sapesse poco o nulla. Una volta mi accadde di citare Thomas Carlyle. Mi chiese nel modo più ingenuo chi era e cosa aveva fatto.
Ma la mia meraviglia giunse al colmo quando scoprii casualmente che ignorava la teoria di Copernico nonché la composizione del sistema solare.
Il fatto che un essere civile, in questo nostro diciannovesimo secolo, non sapesse che la terra gira intorno al sole mi pareva così straordinario che stentavo a capacitarmene[…]".
Non solo Holmes ignora queste informazioni, ma afferma che, una volta recepite, farà il possibile per dimenticarle. Egli paragona il cervello umano a un'angusta soffitta in cui riporre gli oggetti da conservare a portata di mano; se lo sciocco vi ammassa ogni sorta di cianfrusaglie, e gli è impossibile poi ritrovarle, il bravo operaio conserva solo attrezzi utili, collocandoli col massimo ordine, poiché: "[…]E' un errore illudersi che quella stanzetta abbia le pareti elastiche e possa ampliarsi a dismisura. Viene sempre il momento in cui, per ogni nuova cognizione, se ne dimentica qualcuna acquisita in passato[…]".
Il tratto principale di questa metafora è la concezione specialistica del sapere holmesiano, che il narratore esemplifica con una tabella, dove riporta il grado d'interesse dimostrato da Holmes per le diverse discipline.
All'assoluta indifferenza nei confronti di letteratura, filosofia e astronomia e al superficiale aggiornamento politico, si contrappongono invece la conoscenza teorica della botanica, in particolare delle piante velenose, nonché elementi pratici di geologia, come le qualità di fango delle diverse zone di Londra, la profonda padronanza della chimica, nozioni di anatomia accurate ma non sistematiche, e l'immensa erudizione in fatto di letteratura sensazionale, che fa del detective "un calendario vivente del crimine.
Queste qualità proprie di Sherlock Holmes, che emergono in maniera così chiara dal romanzo, sono completamente travisate dallo sceneggiatore del film che lo dipinge come un giovane dotato anche di una grande cultura umanistica e di una quantomeno “spiccata” curiosità per l’astronomia, travisandone così il carattere estremamente freddo e razionalissimo.
Un’altra discrepanza tra l’Holmes Doyliano e quello che ci mostrano Columbus e Levinson è l’approccio che questo personaggio ha con le donne.
Nel racconto Uno scandalo in Boemia sempre il dott. Watson, amico fidato di Holmes e suo biografo ufficiale, ci dice: "[…]Non che egli provasse un’emozione simile all’amore nei confronti di Irene Adler.
Tutte le emozioni e quella in particolare, erano respinte con orrore dalla sua mente fredda, precisa, mirabilmente equilibrata.
A mio parere, era la più perfetta macchina pensante e ponderante che esista al mondo ma il sentimento amoroso lo avrebbe messo in una posizione falsa.
Non parlava mai delle passioni più dolci se non con un sorriso ironico e beffardo.
Erano utili all’osservazione – uno strumento eccellente per sollevare il velo che ricopre motivi e azioni dell’umanità.
Ma per un professionista del ragionamento, ammettere questi elementi estranei nel delicato macchinario di precisione del proprio temperamento equivaleva ad introdurre in esso un fattore di distrazione che avrebbe potuto pregiudicarne tutti i risultati mentali.
Per un carattere come il suo, un granello di sabbia in un strumento particolarmente delicato o un’incrinatura in una delle sue potenti lenti non gli avrebbero arrecato maggior disturbo di un’emozione profonda.[…]".
Anche questo aspetto viene stravolto da Columbus che affianca il noto detective ad una donna, Elizabeth (interpretata nel film da Sophie Ward), di cui Sherlock Holmes s’innamora nel corso del film.
Un’altra nota che ci possa permettere d’inquadrare il film nell’universo Doyliano è la comparsata dell’ispettore Lestrade, poliziotto di cui frequentemente Holmes sottolinea l’incapacità e che rappresenta la giustizia ufficiale nei romanzi e nei racconti di Arthur Conan Doyle.
Insomma, grazie a questo film possiamo avere una visione molto cinematografica del personaggio di Sherlock Holmes ma che ha poco a che fare con l’opera letterari del suo creatore.
Per quanto riguarda le specifiche tecniche, il film presenta il video in widescreen anamorfico.
Sul versante audio, abbiamo un Dolby Digital 5.1 per la lingua Inglese, che farà la gioia degli appassionati, con dialoghi sempre puliti e buona varietà di effetti.
Invece, per l’Italiano c’è soltanto un Dolby Digital 2.0, che comunque fa la sua parte, ma è senza dubbio inferiore rispetto alla controparte inglese.
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