Raramente capita di arrivare a pellicola iniziata, ma capita…
Per fortuna ci rimetti solo di una manciata di secondi, il tempo di perdere due battuta di Derek Jacobi che dalle tavole di un moderno teatro ti annuncia che il grande bluff della letteratura sta finalmente per essere svelato (altro che i diari segreti di Hitler…).
Di che si tratta? Nientemeno che colui universalmente riconosciuto come l’autore di capolavori come Amleto, Enrico IV, La tempesta, Romeo e Giulietta, William Shakespeare insomma, era solo un attore da strapazzo per di più quasi analfabeta (capace di leggere ma non di scrivere…) mentre il 'vero' autore delle opere a lui attribuite fu in realtà Edward de Vere, diciassettesimo conte di Oxford, che impossibilitato a firmare direttamente le sue opere per motivi “di corte”, prima le consegna ad un giovane poeta di nome Ben Jonson, che impegnato però nello scrivere le sue fa in modo che arrivino a Shakespeare...
Le prove e il perché le cose debbano essere così sono però tutt’altro che chiare almeno per tutti quelli che non masticano un granché di storia inglese (si immagina la maggior parte degli spettatori…) giacché i personaggi si affollano, i nomi si rincorrono, le trame di palazzo si intrecciano, Elisabetta I (Vanessa Redgrave) stavolta è anziana, i figli illegittimi non si contano così come i flash back…
Shakespeare (Rafe Spall), fateci caso, sembra Tom Hulce che fa Mozart, mentre de Vere (Rhys Ifans) nel dar vita al suo personaggio ne fa una nuvola sospesa tra l’impalpabile e il sublime (è il più bravo insieme alla Redgrave…). I costumi, magnifici, sono da Canonero (e ovviamente non sono i suoi…), mentre la fotografia sembra aver usato il larga parte la sola luce delle candele. L’impressione generale? È che stanco di sentirsi sbertucciare a destra e a manca, Roland Emmerich con Anonymous abbia voluto fare il suo Barry Lyndon…
Il risultato? Mmmhh, così così…
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