A differenza della tv, dove le serie tedesche – a partire dal mitico Derrick – hanno incontrato sempre più il favore del grande pubblico, il noir letterario germanofono, nonostante la forte presenza dagli anni Cinquanta in poi dello svizzero Dürrenmatt, ha sempre stentato ad affermarsi qui da noi.
La casa editrice Elliot ha da qualche anno scommesso sul quarantenne berlinese Sebastian Fitzek di cui Il bambino è il terzo di otto noir (e il secondo uscito in Italia) pubblicati in patria tra il 2006 e il 2011; e, per indirizzare il lettore eventualmente perplesso per la novità, sin dalla prima di copertina definisce la vicenda uno psychothriller.
In effetti la storia oscilla continuamente tra il piano della realtà e quello della paranormalità, tra l’esterno e l’interno, tra lo scientificamente accertato e audaci ipotesi di metempsicosi; e sono questi continui cambi di direzione, più che l’ormai scontata storia di pedofilia e traffico di bambini, a spingere il lettore sempre più avanti.
L’azione parte in una Berlino autunnale, lontana dalla monumentalità guglielmina, ma anche dalla movida del dopomuro.
L’avvocato Robert Stern è un professionista di successo e un uomo viceversa distrutto dalla perdita, appena dopo la nascita, del figlioletto Felix e dal successivo naufragio del suo matrimonio con Sophie. A differenza della sua ex consorte, che si è rifatta una vita e ora ha due gemelle, Stern continua ad avere un burrascoso rapporto col padre e non ha saputo ricreare una relazione di coppia neppure con l’infermiera Carina Freitag che ha voluto tenere a distanza per non impegnarsi stabilmente. Eppure è proprio Carina che lo precipita nel vortice di un’indagine senza respiro facendogli conoscere un bimbo di dieci anni minato da un tumore al cervello, Simon Sachs; questi, dopo una seduta particolare di psicoterapia, si è convinto di avere ucciso, in una vita precedente, alcuni uomini, e addirittura di essere in procinto di farlo ancora. Ma il movente ad agire per Stern non sarebbe sufficiente se un misterioso interlocutore, che si fa vivo attraverso telefono e dvd preregistrati, non facesse credere all’avvocato che suo figlio Felix è ancora vivo; promettendo poi la rivelazione dell’identità della famiglia adottiva del bambino se Robert troverà l’uomo che Simon dovrebbe uccidere.
Poste così le premesse per lo psychothriller, la vicenda scivola invece pian piano verso soluzioni banali: il nostro avvocato tutto d’un pezzo si improvvisa detective con l’aiuto di un suo ex cliente, Borchert, violento ex produttore di film porno, e di Carina nonché dell’ingenuo ma coraggioso Simon; la polizia, rappresentata principalmente dal commissario Engler, vecchio avversario in casi precedenti, e da un misterioso consulente versato in psicologia, tale Brandmann, arranca dietro a Stern, apparentemente sempre un passo indietro nella scoperta dei cadaveri “uccisi” da Simon e di nuovi assassinati che si aggiungono ai precedenti: e i sospetti cadono ovviamente sul maldestro avvocato.
Il culmine della suspense si ha nel momento in cui, sostanzialmente, Stern usa Simon come esca per una coppia di pedofili che sta per usare violenza sul bambino indifeso; e da lì il ritmo si fa forsennato con bagliori di verità che lampeggiano all’orizzonte mentre l’autore consapevolmente oscilla tra razionale e irrazionale: Ogni verità, faticosamente accertata, viene subito smentita da inattesi colpi di scena fino all’ultima pagina dove ci viene consegnato un finale aperto che rimette in discussione le fragili certezze acquisite.
Un bravo prestigiatore, dunque, il nostro Fitzek che gioca continuamente col lettore, con le sue paure, coi suoi inconfessabili fantasmi interiori: ma la notevole bravura, per così dire, tecnica non basta a nascondere una certa mancanza di originalità sul versante realistico della storia. In molti noir di Centro e Nord Europa, infatti, il tema della violenza su donne e bambini, con gli inevitabili corollari di sfruttamento e mercificazione del corpo, ormai è stato ampiamente sviscerato: e, al di là della ovvia condanna morale, non riserva più alcuna sorpresa narrativa. Grazie però alla componente paranormale Fitzek si salva in extremis, ci risparmia un finale inutilmente consolatorio e si guadagna a fatica la nostra sufficienza.
Voto: 6.5
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