Intro - Mamma Roma
LAS VEGAS. La scritta lampeggiava da dietro la vetrina: era kitsch e malandata. All’interno e all’esterno della sala giochi si radunavano i giovani del quartiere, eravamo lontani, allora troppo lontani dai fasti di Mamma Roma.
Siamo cresciuti così: con quel bigliardino scassato, il videogioco delle olimpiadi e i picchiaduro. Qualcuno aveva già messo il naso fuori da quella vetrina per vedere di racimolare qualche spicciolo: così era la periferia. Nonostante il nostro orizzonte puntasse lontano, oltre la linea sfumata del mare, noi pensavamo sempre a quello che doveva esserci dall’altra parte, alle nostre spalle, e non bastava un treno o un bus notturno per raggiungere la città, bisognava crescere, diventare forti, allontanarsi senza guardare indietro.
Ero impegnato su uno di quei picchiaduro quando lo vidi: portava dei pantaloni dal cavallo abnorme e delle scarpe da basket gigantesche; una lunga bandana nera copriva per metà il suo volto. Erano i primi anni Novanta, eravamo molto piccoli, quella era una terra ancora appestata, era la periferia dove solo un decennio prima Caligari aveva deciso di girare Amore tossico, il film poi divenuto culto. A pochi metri da quella sala giochi malandata si consumava uno degli ultimi atti della famigerata Banda della Magliana, e noi eravamo lì, ancora troppo lontani dalla città e da quello che sarebbe diventato quel pezzo di terra: una spiaggia murata per bagnanti assetati di crema solare.
Fu così che conobbi Duke. All’inizio eravamo un po’ restii a dare confidenza a quel tipo così strano, poi, col passare del tempo, quel ragazzo riuscì a portare le sue stranezze tra noi: suonava il rap, faceva graffiti, fondò subito una crew e i muri della sala giochi si riempirono di scritte e disegni. Ovunque compariva la tag RTR, e quell’insegna lampeggiante che recitava il nome di una delle più famose città americane non ci sembrò più così insignificante.
Sono passati molti anni da quel primo incontro, i nostri percorsi si sono allontanati, lui è tornato in America, ha girato a lungo, ha continuato ovunque a inseguire il sogno di cantare per la sua gente. Oggi ci ritroviamo qui, su queste pagine, e l’argomento del nostro incontro torna ad essere Roma: la città che, seppur lontana dalla periferia da cui veniva osservata, si è sempre mostrata come una madre, severa e angusta nel buio delle nostre notti, ma anche romantica ed elegante in quei tramonti pieni di sospiri che hanno poi alimentato le nostre giornate.
Siamo cresciuti, oggi quella periferia non c’è più, Mamma Roma ha costretto tutto nel suo grembo capace, una forza centripeta ha ingoiato le nostre case e i nostri palazzi, tutto è diventato Roma. È Roma il Colosseo quanto il campo fangoso dove uccisero Pasolini, Roma è a Via delle Acacie a Centocelle quanto sotto la statua di Giordano Bruno a Campo de' Fiori, e proprio a Roma, dopo il suo lungo peregrinare, Duke è tornato per fare la sua musica.
Credo sia questo il motivo per cui, quando ho deciso di raccogliere una serie di racconti dedicati alla Città Eterna, mi è venuto subito in mente lui: era mio intento collaborare con un MC, con qualcuno che trasponesse nelle sue canzoni gli stessi temi che tratto da anni nei miei libri. Ho deciso che ad accompagnarmi in questo viaggio fosse un rapper perché i vari MC attivi negli ultimi anni hanno il pregio di aver riconsegnato il furore delle rime agli ardori del popolo, di essere tornati a raccontare, spesso cicatrizzando in maniera inverosimile, certi stilemi, la vita della gente e i miti del popolo.
Duke è ormai sulla scena da più di vent’anni, la sua storia personale e i suoi testi si intrecciano perfettamente nel senso di questa città, Duke non si piange mai addosso, continua a cambiare come cambia il colore del Tevere, senza mai cedere il passo, cercando sempre di andare avanti.
Roma Violenta è il frutto di questo incontro, della collaborazione tra il rapper e lo scrittore, entrambi con lo sguardo fisso sulla loro città: raccoglie alcuni racconti che avevo scritto già prima di iniziare questo viaggio e che sono comparsi su alcune riviste letterarie, altri scritti a margine di Cani da rapina, il mio romanzo di strada, che ne completano l’orizzonte e l’epica. Ma la maggior parte sono compilati a quattro mani, risultato di un dialogo instaurato con Duke da più di un anno: un dialogo in cui mi ha raccontato non solo le sue vicende personali, ma anche il suo amore per il rap e per questa città, un dialogo che a ben vedere era già cominciato molti anni fa.
Il libro che avete tra le mani non racconta quindi la storia di Duke o del sottoscritto, ma fornisce, anche quando la narrazione si allontana dalla Città Eterna, una serie di situazioni, di granelli di sabbia, che pur nella loro minimale specificità descrivono la città dove scriviamo, quella dove viviamo ogni giorno, la città in cui il sole sembra sorgere e tramontare solo per chi lo osserva: Mamma Roma.
Anche quando il racconto si allontana da questa terra per raggiungere luoghi lontani, magari l’America, dove Duke è a lungo vissuto e dove ha avuto la possibilità di continuare la sua produzione tra MC di spessore internazionale, c’è sempre Roma, i suoi sampietrini, le periferie, i tre scalini e Via della Lungara.
Mamma Roma è la vera protagonista di questo libro: il suo cuore di tenebra, la violenza quale cifra totale di una città fondata sul fratricidio. È la violenza infatti a segnare il lento scorrere dei giorni, in un continuo incontro con una città da cui non si riesce mai ad andare via: una madre mignotta che, nonostante tutto, si continua ad amare ogni giorno di più.
La città, le sue periferie, il Tevere che l’attraversa irrorato di cattivi propositi, sono i luoghi prelibati di un libro che trae spunto sia dal percorso letterario dello scrittore che dalle esperienze musicali del rapper, in una continua osmosi con la vita e la gente delle borgate.
Roma si mostra allora in tutta la sua vitalità: una città dove cane mangia cane, un luogo letterario che diviene un’incredibile riserva noir, una terra dove si può farla finita con una semplice lametta o continuare a lottare per ottenere un posto di rilievo.
È la street mentality cantata da Duke nei suoi testi a irrompere con prepotenza in queste pagine, che non rinunciano alla malinconia e alla bellezza che solo Mamma Roma possiede.
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