Forse il miglior film italiano del 2005. Almeno per il momento. Un risultato importante per un Gabriele Salvatores il cui lavoro trae un grandissimo beneficio dal primo vero incontro cinematografico con il genere noir. Il gusto per la sfida si addice allo stile del regista che pur essendo un novizio in questo tipo di cinematografia dimostra un enorme talento nel rendere al meglio l’equilibrio tra cinema d’autore e film di genere.
Ispirato dall’omonimo romanzo di Grazia Verasani, Quo Vadis Baby? segue le vicende di Giorgia Cantini, un’investigatrice privata, costretta a frugare le ombre di una città come Bologna che sa nascondere bene i propri segreti. Passa le notti in locali dove si suona e si beve, tormentata dal dubbio di aver sprecato la propria vita. Scavare nel suo stesso passato sarà l'indagine più difficile di tutta la sua vita, un viaggio tra i ricordi e i segreti di famiglia. Un investigatore donna che indaga su se stessa. Un'indagine troppo privata da cui non si può sfuggire e cui – soprattutto – sarà molto difficile sopravvivere.
Un film intenso, ma scandito con lentezza e meticolosità dove nessun colpo di scena è dato per scontato... Un’indagine che segue il punto di vista della protagonista, tranne nel finale quando saranno solo gli spettatori (e un simpatico gattone bianco…) a sapere come siano andate realmente le cose.
Quo Vadis Baby? è un giallo all’italiana, ma anche un’indagine personale sul dolore di una morte pressoché incomprensibile. Un film sul rapporto tra padri e figli inserito nel contesto di una storia al femminile dove il legame tra due sorelle sembra non essersi spezzato, nonostante una delle due sia morta suicida quasi venti anni prima.
Capire cosa sia realmente accaduto in una notte maledetta diventa di importanza primaria per Giorgia, una donna che non ha mai voluto concedere nulla a se stessa nella vita e che adesso avverte in maniera prepotente la necessità di sapere, di capire.
Seguendo sia il tenue filo dei ricordi, sia l’esile traccia delle indagini, via via sempre più consistente, Salvatores costruisce un thriller dall’andamento doloroso in cui la ricerca della verità coincide con l’affermazione della volontà di sapere.
Alla fine, come spesso capita, nulla è davvero come sembra con l’unica differenza che il grande cast di attori all’interno della pellicola sembra dare vita a una tragedia che per quanto ordinaria e – in un certo senso – perfino borghese, non può non colpirci per la sua violenza e efferatezza. Più psicologica che fisica, ma pur sempre violenta.
Un film solo in apparenza semplice, ma che – in realtà – nasconde una molteplice serie di piani di lettura che vanno dalla rilettura di un genere cinematografico fino ad arrivare al dramma psicologico. Una chicca insolita e amara da un grande regista come Gabriele Salvatores. Un talento decisamente pronto a sorprenderci ancora.
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