Siamo a Istanbul…
Hotel Bosforo di Esmahan Aykol, Sellerio 2011.
Avevo già letto con soddisfazione alcuni ottimi libri di Jason Goodwin ambientati nella città di Istanbul, per cui, appena visto “Hotel Bosforo” della scrittrice sopracitata, visto (appunto) e preso.
Mai fidarsi delle coincidenze. Ormai è pratica comune tra giallisti di varia qualità, soprattutto di sesso femminile, che il commissario o ispettore di turno di qualsiasi luogo faccia amicizia con una ragazza, in genere belloccia, e che le sveli tranquillamente i dettagli delle indagini che sta conducendo; che si instauri fra loro un rapporto con fremiti stuzzicarelli (in quel senso) arrivando o non arrivando al sospirato atto finale (qui due tentativi andati a vuoto con l’attrezzo già pronto). Vedi il rapporto tra Kati Hirschel, libraia di origine tedesca e il commissario turco Batuhan, bell’uomo tra l’altro molto distinto.
Il fatto cruciale su cui ruota tutto il racconto è l’uccisione del regista Kurt Müller, ucciso nella vasca da bagno con un asciugacapelli acceso gettato nell’acqua, che sembra essere stato in relazione affettiva con Petra Vogel (lei comunque nega), attrice ed amica di Kati, colpita da un episodio doloroso della vita. Legatasi affettivamente con un leader studentesco di sinistra ha avuto un bambino rapito e poi trovato morto seviziato.
L’indagine gira attorno alle domande “Chi ci guadagna dalla morte del regista?”, “Perché per un film tratto da un capolavoro è stato scelto un regista di serie B?”. Al centro della scena Kati che indaga sostenuta dalle attenzioni non propriamente disinteressate del commissario, con le sue osservazioni sui tedeschi ed i turchi (ora sono migliori questi, ora quelli), sulla città di Istanbul dove non si trova un parcheggio nemmeno a pagarlo a peso d’oro.
Di mezzo pure la mafia (il capo viene perfino a trovarla a casa sua) e il problema della madre che si trova in ospedale a Berlino. Via a trovarla e l’incontro con un certo Selim, talmente bello da rimanere senza fiato con ”quegli occhi in cui tutte le sfumature del verde si fondevano con un riflesso marrone” (la mi’ nonna!).
Scrittura leggerina nemmeno riscattata da una salda vena ironica, strilletti con punti esclamativi sparsi per ogni dove, il finale che si riaggancia positivamente (almeno questo) all’inizio.
Libro incasellabile tra quelli che, pur parlando molto, non dicono nulla.
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