Giudicare la letteratura d’indagine della Confederazione Elvetica è sempre un affare arduo: uno magari pensa a Dürrenmatt o a Glauser e poi scuote il capo, come avveniva non troppo tempo fa con l’Italia, e dichiara senza troppi rimorsi che il noir non abita nelle vallate svizzere.
Poi ci s’imbatte nel romanzo del trentatreenne ticinese Andrea Fazioli e i pregiudizi cadono, l’analisi si fa meno generica e sorge il sospetto che nell’ordinatissimo vicino di casa non tutto fili alla perfezione; l’autore peraltro aveva già esordito, con lo stesso protagonista, nel 2005 ma il noir Chi muore si rivede, uscito da Dadò di Locarno, non aveva mai raggiunto il grande pubblico italiano.
In un Canton Ticino che da anni gode del benessere portato dai turisti, tra una capitale – Bellinzona – compassata sì, ma capace di concedersi anche le trasgressioni di un Carnevale sempre più pazzo e una Lugano che gioca a fare la metropoli, si snoda un’oscura trama di riciclaggio di capitali sporchi intrecciata con le scelte energetiche dello stato che chiede, in nome del progresso, sempre nuovi territori da immolare agli invasi artificiali.
A Malvaglia, paesino sperduto in una vallata alpina, decidono di ampliare il lago artificiale, rinnovando, dopo vent’anni, l’esproprio di terreni di proprietari abbarbicati alle loro radici. Tra coloro che più soffrono per questa decisione ci sono i due amici trentacinquenni – o giù di lì – Tommaso Porta, che lavora in un garage nella vicina Lodrino, e l’investigatore privato Elia Contini, che sbarca il lunario a Lugano sorvegliando gli appetiti extraconiugali di coppie insospettabili.
Il primo sin da subito mostra un’avversione, che sconfina nella violenza fisica, nei confronti del progetto e di chi lo caldeggia (il sindaco Giovanni Pellanda e l’ingegnere progettista Alessandro Vassalli); il secondo sente riaffiorare l’antico disagio di quando, ai tempi del primo ampliamento del lago vent’anni prima, il padre e il suo amico Martignoni erano misteriosamente scomparsi in una letale nube di pettegolezzi sulle malversazioni della società del secondo.
Elia è di carattere chiuso, ha come hobby la fotografia delle volpi che popolano il bosco dietro casa sua sulle montagne e scrive lettere a misteriosi interlocutori; ha una relazione con Francesca Besson, una laureanda che ha conosciuto in occasione del caso precedente, ma neppure lei riesce a penetrare nella sua dura corazza. È invece la morte del sindaco Pellanda che dà l’avvio a un’indagine in cui Elia ha tutto da perdere: svelare infatti il mistero dell’omicidio (a cui se ne aggiungono ben presto altri) significa fare i conti con l’evento rimosso della morte del padre e della sua presunta disonestà.
Avvalendosi di aiuti non sempre ortodossi (il vecchio eremita Giona, il fotografo Pietro Villa detto Pancho, Renzo Malaspina – uomo spiccio e di maniere brusche, persino il giovane avvocato Federico Malfanti del prestigioso studio Calgari) Contini comincia a indagare, a risalire indietro nel tempo suscitando curiosità non sempre benevole, tenaci diffidenze, risvegliando anche rancori e ostilità che ne fanno il capro espiatorio ideale per i delitti che insanguinano il ticinese; non a caso la polizia, soprattutto nella persona del commissario De Marchi, lo inquadra subito nel mirino costringendolo a fuggire per poter dimostrare la sua innocenza: che – secondo i canoni ormai consolidati del genere – viene dimostrata in una drammatica scena finale in cui, con un colpo di scena, viene svelato il nome e il movente del responsabile degli omicidi.
Prova convincente dunque, non rivoluzionaria, certo, ma attenta a ricreare un’atmosfera credibile e, soprattutto, a tratteggiare il volto segreto di una Svizzera di cui molti sospettano le magagne, ma che ben pochi, almeno nel noir, hanno denunciato.
L’unico neo, paradossalmente, è costituito dal protagonista: nel tentativo di renderlo riconoscibile nel panorama internazionale ormai fin troppo affollato di detective più o meno eccentrici, l’autore esaspera alcuni suoi dati caratteriali e alcuni suoi misteriosi riti privati, esagerando un po’ nei suoi vezzi e nei suoi vizi: il tempo e le sue successive avventure ci diranno se questa tendenza è destinata a rafforzarsi o – speriamo – a indebolirsi a tutto vantaggio dell’equilibrio generale della vicenda.
Voto: 7
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